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STORIA DELLA MAGIA

PRESSO I GRECI
 

di Devon Scott

 

Come ci fanno notare gli storici, qualunque nostra curiosità nei confronti degli antichi Greci è destinata ad essere soddisfatta, perché a partire dall'VIII secolo a. C. abbiamo un'enorme mole di documenti archeologici, letterari ed epigrafici (1).
Gli Elleni erano il risultato di un miscuglio di popoli provenienti da varie parti: Celti, Geti, Sciti, Traci, Illiri, Pirgi, coloni dell'Egitto e della Fenicia, Ioni, Dori e gli Achei, che furono i protagonisti della guerra di Troia cantata dall' di Omero. 
La storia di questi popoli è molto simile a quella di Israele, nel senso che erano genti nomadi in cerca di nuovi pascoli per le loro mandrie; trovato un posto piacevole, misero radici e divennero agricoltori. Si svilupparono vere e proprie città: Micene, Tirinto, Pilo, Argo, Atene, Sparta e Tebe. La più antica civiltà greca fu quella micenea, risalente al XIV-XIII secolo. 


 

Fino a pochi decenni fa le nostre notizie sui Micenei erano ricavate dai poemi omerici e dalle avventure di Heinrich Schliemann, l'archeologo scopritore delle rovine di Troia e delle cosiddette "Tombe degli Atridi" a Micene.
Le "Tavolette micenee" trovate fra le rovine della reggia di Micene sono appunto tavole in argilla, scritte in "lineare B", una forma di scrittura greca sillabica molto arcaica. Esse rappresentano l'archivio di cui si servivano gli amministratori dei palazzi: elenchi di beni, forniture, provviste, funzionari, soldati, appannaggi per il re o per i nobili ed offerte agli dei. Questi documenti ci sono pervenuti per caso, non essendo certo destinati ai posteri, dato che nei primi mesi di ogni anno venivano distrutte tutte le documentazioni burocratiche dell'anno precedente. Ne abbiamo comunque tratto notizie interessanti. 
L'economia si basava sul commercio dell'olio di oliva, dei tessuti di lino e di lana, sugli unguenti profumati e sull'artigianato di lusso, con manufatti in oro, argento, ambra e paste di vetro colorato. 
Gli dei erano, in questo periodo arcaico, gli stessi della Grecia classica, ma cambiavano le gerarchie: Poseidon, dio del mare, e Demetra, dea della terra e della fecondità, erano i principali, invece di Zeus e di sua moglie Hera. 

Attorno al 1250 a. C. le città micenee si allearono contro Troia, antica città dalla posizione strategica importantissima, essendo situata sulla costa dell'Anatolia, nello stretto che collega il mare Egeo al Mar Nero. 

Nell'immagine,
il "Giudizio di Paride", che fu all'origine della Guerra di Troia, nel celebre quadro di Rubens


Omero ci parla della terribile guerra, durata dieci anni, cui parteciparono attivamente anche gli stessi dei, come sostenitori dell'una o dell'altra fazione. Annientata Troia (attorno al 1230 a.C.), cominciò la fine anche per le città della lega micenea: Micene, Tirinto e Pilo furono parzialmente distrutte da incendi ed abbandonate da gran parte della popolazione. L'Odissea, il secondo poema omerico, dava un quadro di città agitate da odi, da lotte intestine fra gruppi rivali. Il colpo di grazia lo diede l'arrivo dei Dori, popolazione barbarica proveniente dall'Epiro e dal nord dei Balcani; i Micenei non sopravvissero a Troia più di un secolo.
Le nuove popolazioni del Nord, dette indoeuropee, erano originarie delle pianure dell'Europa centro-settentrionale. Erano genti rudi, selvagge, che vivevano di agricoltura e di pastorizia.Si mossero in una vastissima migrazione, stabilendosi nell'Asia occidentale, in India ed in Europa.  
A partire dal 1150 a. C. cominciò un periodo di isolamento e di povertà; durante questi quattro secoli, definiti "Medioevo ellenico", guerre e razzie divennero all'ordine del giorno, volute dall'oligarchia di proprietari terrieri. Si formarono però anche le basi della religione e della cultura greca; fu allora che nacque il mito di Orfeo, di cui parleremo in seguito.

Nell'ottavo secolo cominciò il periodo aureo della civiltà greca, quello definito "classico" e caratterizzato dalle città-stato. Il Greco non era un individuo isolato; il filosofo Aristotele lo definì "uomo politico", cioè uomo che vive nella polis, la città, cardine della storia greca per la sua indipendenza ed autosufficienza. In essa esistevano un luogo di culto comune, il santuario, ed un'area di riunione, in cui tutti i cittadini si incontravano ogni giorno. L'uomo greco cercava quindi il rapporto con gli altri e trovava il suo benessere nell'ambiente sociale che lo vedeva protagonista. 
Il vincolo fra religione e società greca era molto stretto.
Molti storici concordano sul fatto che la stessa geografia della Grecia, con vallate fertili alternate ad aspre montagne, caverne ed anfratti, acque minerali e misteriosi vapori di origine vulcanica, si sia prestata benissimo a fare da residenza agli dei. 
Il monte Parnaso era sacro ad Apollo, le querce di Dodona erano le favorite di Zeus, che vi aveva posto perfino un oracolo, che interpretava i segni che vedeva nel bosco di querce, come i cambiamenti di colore delle foglie, il modo in cui la pioggia cadeva sugli alberi, il modo in cui il vento muoveva i rami. L'oracolo di Zeus Trofonio, che aveva scelto per sé grandi caverne in cui rombavano le acque di un fiume sotterraneo, traeva auspici dai sogni: chi voleva conoscere il futuro doveva passare molti giorni ed altrettante notti fra i densi vapori ed il rumore delle acque, arrivando ad uno stato particolare in cui aveva visioni che i sacerdoti interpretavano. 

Gli dei principali del pantheon greco avevano la loro dimora sul monte Olimpo. Zeus, padre di tutti gli dei, era il più importante; dio della luce, del cielo, dei fenomeni atmosferici, era raffigurato spesso con le mani piene di fulmini. 
Sua moglie Hera, unica compagna legittima, era la protettrice delle spose e delle madri, assisteva le partorienti e badava al rispetto della moralità domestica, compito che richiedeva davvero abilità sovrumane, poiché il suo divino sposo era noto per le sue scappatelle e per la sua numerosa prole illegittima. Il rapporto fra i due sommi dei era caratterizzato da continue scenate di gelosia. 
Fratello di Zeus era Posidone, dio del mare, che poteva provocare terremoti picchiando il suolo col suo tridente; sua sorella era Demetra, dea della fertilità, delle messi e della terra coltivata, il cui mito era uno dei più importanti ed era al centro del culto eleusino. Un'altra dea, sempre sorella di Zeus, era Hestia, protettrice del focolare domestico e della serenità familiare.
Atena era figlia di Zeus, nata dal suo stesso cervello senza l'ausilio di una madre; per questo era la protettrice delle scienze e della saggezza. 
Ares, uno dei pochissimi figli legittimi di Zeus, era il dio della guerra; con i suoi figli, Phobos (il timore) e Deimos (lo spavento), imperversava sui campi di battaglia. Afrodite, dea dell'amore, era nata dalle onde del mare vicino alle coste dell'isola di Cipro; sposata ad Efesto, altro figlio di Zeus ed Hera, dio del fuoco e dei metalli, essendo il marito bruttissimo e deforme, non esitò a tradirlo col cognato Ares, da cui ebbe Eros, il dio dell'amore. 

Figli dell'amore adulterino di Zeus con Latona erano i gemelli Artemide ed Apollo; la prima era la vergine dea della caccia e regnava su boschi, paludi e sorgenti, circondata dalle sue Ninfe, proteggeva la fecondità di uomini ed animali, la nascita e la giovinezza; era inoltre la dea della luna. 
Apollo era un dio dalla bellezza straordinaria, tanto da rappresentare l'ideale fisico dei Greci; era il protettore delle arti, della musica, dell'armonia, dell'ordine, del diritto, della pace e della purezza di costumi. 
Era anche un dio-oracolo e dava i suoi responsi nel tempio di Delfi, per mezzo di una sacerdotessa da lui invasata, la Pizia. Il dono della profezia gli era stato dato dal drago-serpente Pitone, figlio di Gea, la Terra; Apollo, ucciso il mostro, ne aveva assunto i poteri divinatori. Un altro importantissimo santuario era a Delo, un'isola in cui nessuno poteva nascere o morire, per non contaminarne la purezza. 
L'ultimo dio dell'Olimpo era Hermes, messaggero degli dei, protettore dei viaggiatori, degli oratori e dei ladri. Figlio di Zeus e della ninfa Maia, conduceva le anime nel regno dell'oltretomba, per cui veniva anche chiamato Psicopompo (accompagnatore di anime); si devono tradizionalmente a lui le arti magiche, dette anche "ermetiche" dal suo nome.

Nell'immagine a lato,
"La baccante" di Adolphe William Bouguereau (1825-1905)


Non esistevano soltanto gli dei dell'Olimpo; i Greci veneravano anche Asclepio, dio della medicina, figlio di Apollo, che aveva ad Epidauro un tempio molto importante, con un oracolo che riguardava la salute; Ade, fratello di Zeus e dio dell'Oltretomba; Kore-Persefone, sua sposa e figlia di Demetra; Eris, dea della discordia, sorella di Ares, nota per aver messo in palio una mela con sopra scritto "Alla più bella". 
Hera, Afrodite ed Atena si erano contese il possesso della mela, tutte certissime di essere la più avvenente delle dee. Paride, figlio del re di Troia, chiamato a dare il proprio giudizio, aveva assegnato la mela ad Afrodite, in cambio della promessa di avere l'amore della più bella donna del mondo. Purtroppo per lui, questa era risultata essere Elena, moglie di Menelao, re di Sparta; i due amanti erano fuggiti insieme e per vendicare l'affronto Menelao e suo fratello Agamennone avevano organizzato la spedizione contro Troia.

Un dio molto caro ai greci era Dioniso, protettore della vegetazione e del vino. Frutto dell'amore fra Zeus e Semele, era costretto a peregrinare continuamente per non incorrere nella vendetta di Hera; egli viaggiava in allegria, con un codazzo di Satiri e di Menadi, che danzavano, bevevano, suonavano il flauto e passavano il tempo in ameni baccanali. Come Apollo era il dio della misura, della moralità, della compostezza e dell'armonia, Dioniso era il dio della sensualità, degli eccessi e delle libagioni smodate: i suoi simboli erano infatti una coppa, un tralcio di vite ed una verga. Dioniso era anche il protettore del teatro, sia tragico che comico. Il culto del dio era alla base dei misteri dionisiaci, che la leggenda vuole diffusi da Orfeo.

Orfeo era nato sulle montagne della Tracia; figlio di Eagro e della musa Calliope, aveva ricevuto dal dio Apollo il dono della musica e del canto, che erano così melodiosi da affascinare chiunque, addomesticare belve feroci e fermare il corso dei fiumi. 
Orfeo sposò la bellissima Euridice, ma il giorno stesso delle nozze la sposa morì, avendo messo un piede su un serpente nel tentativo di sfuggire al pastore Aristeo, che era follemente innamorato di lei e voleva violentarla per vendicarsi di Orfeo. Questi non si rassegnò alla triste sorte e scese fino all'Ade per riprendersi la sposa.

La discesa nel mondo dei morti fu memorabile. Commosso dal suo canto, il traghettatore di anime Caronte lo fece passare senza chiedere il rituale obolo, i dannati interruppero i loro supplizi, gli stessi dei Persefone ed Ade piansero calde lacrime e gli concessero di riportare in terra l'amata; ma ad un patto: egli non doveva mai voltarsi a guardarla, durante il viaggio per tornare al mondo dei vivi. 
Erano ormai in vista dell'uscita quando Orfeo, non sentendo più i passi della moglie, volse preoccupato lo sguardo: giusto in tempo per vederla diventare, di nuovo e per sempre, solo un'ombra. Invano Orfeo supplicò di nuovo Caronte, invano rimase sulla porta dell'Ade per sette giorni e sette notti: Euridice non gli fu più ridata. Allora Orfeo partì per l'Egitto, dove studiò la magia coi sacerdoti egiziani.

Tornato in patria, egli si consacrò alla missione di recuperare i culti del dio Dioniso. Egli indusse gli uomini della Tracia ad abbandonare i culti sfrenati ed a respingere le lusinghe sessuali delle Baccanti, che per questo, infuriate, lo uccisero, lo fecero a pezzi e lo gettarono nel fiume Ebro. 
Ma la sua testa giunse al mare fino all'isola di Lesbo, dove venne conservata nel locale tempio di Dioniso; la sua lira fu invece messa nel tempio di Apollo, ad ispirare altri cantori. 
Ad Orfeo la leggenda attribuisce la fondazione dei Misteri Orfici; in realtà l'orfismo, come dottrina, fece la sua comparsa solo alla fine del V secolo a. C., quindi parecchi secoli dopo la morte del leggendario eroe.

I Misteri, caratteristici (2) dei Greci e di alcuni popoli orientali, erano pratiche di culto, i cui rituali venivano tenuti rigorosamente segreti. A questo proposito dobbiamo distinguere nettamente i culti pubblici, volti alla propiziazione di un dio per ottenere benefici terreni, da quelli iniziatici, che miravano ad ottenere soddisfazioni più interiori e spirituali, con un diretto rapporto fra colui che vi partecipava e la divinità. Soltanto gli iniziati, i Mystoi, avevano accesso al Mistero. 
Risalgono al principio del VII secolo i Misteri Eleusini, derivati dal culto di Demetra-Persefone; sono i più noti ed i più antichi culti misterici e venivano celebrati ad Eleusi, nell'Attica. 
Erano nati come una festa per il raccolto, in onore della dea delle messi Demetra e di sua figlia Kore Persefone. Il mito delle due dee era intimamente collegato alla terra: Persefone, mentre passeggiava con le sue ancelle, era stata vista dal dio dell'Aldilà, che se ne era subito innamorato e l'aveva rapita. 

Nell'immagine a lato,
"Cerere e Pomona" nel quadro di Rubens: Cerere, la Demetra latina, vi è raffigurata
con i frutti della terra che ella dona generosamente agli uomini

 

La madre, dopo averla disperatamente cercata invano, aveva pregato Zeus, il padre degli dei, di renderle la figlia. Ma ormai ella era già sposata con Ade, per cui si venne al compromesso: per sei mesi Persefone sarebbe rimasta nel mondo dei morti, per sei mesi sarebbe tornata in terra con Demetra. 
Madre e figlia si incontravano di nuovo ogni anno in primavera ad Eleusi e qui sorse un tempio per commemorare la rinascita della natura. 

Come un chicco di grano Persefone viveva sei mesi sotto terra e sei sopra: la base del culto riguardava quindi la fertilità della terra e l'agricoltura, ma col tempo finì con l'assumere caratteristiche simboliche di morte e rinascita, di immortalità dell'anima.
I presupposti per ritornare ad una vita migliore dopo la morte erano l'integrità morale e la purezza; i rituali che consacravano i nuovi iniziati ponevano molta attenzione verso la purificazione rituale (catarsi), indispensabile per diventare membri della comunità eletta. A primavera si celebravano i Piccoli Misteri di purificazione, in autunno i Grandi Misteri di consacrazione, che duravano sette giorni e comprendevano, oltre alle solite cerimonie di purificazione, anche sacrifici, processioni, digiuno e riti di rinascita; l'area in cui si celebravano era riservata ai soli iniziati, pena la morte per i trasgressori. Il culto eleusino era portato avanti da due famiglie, che avevano i poteri sacerdotali per diritto ereditario.

La nascita dell'Orfismo si pose in un contesto di profondi turbamenti della società greca; dopo l'età d'oro della Polis e della espansione coloniale, era subentrata una fase di crisi. La delusione e l'insoddisfazione nei riguardi della vita suscitarono un senso del peccato da espiare, che aveva bisogno di purificazioni e di ascetismo. 
Lo scopo dell'iniziato alle dottrine orfiche era di allontanare da sé tutto ciò che era malvagio e terreno, per liberarsi dal ciclo delle reincarnazioni; ricordiamo che questa "reincarnazione" non è affatto simile al concetto che ne abbiamo noi, preso dalle religioni dell'Estremo Oriente, bensì è una "metempsicosi", cioè una trasmigrazione delle anime, che possono entrare in un altro corpo umano quanto in uno animale. 
La vita ascetica e virtuosa poteva accelerare le trasmigrazioni; agli iniziati veniva insegnata una scrupolosa igiene personale, oltre alla sobrietà ed all'astensione da cibi impuri, come la carne, le uova ed i fagioli.
L'Orfismo era derivato dai Misteri Dionisiaci, con in più una rivelazione, fatta da Orfeo, ed una organizzazione comunitaria di eletti; i culti dionisiaci erano caratterizzati da rituali orgiastici ed estatici. 
Il mito narrava come Dioniso, che abbiamo già detto costretto a peregrinare per evitare l'odio di Hera, fosse stato infine raggiunto dalla vendetta della dea. 
Ella aveva incaricato i feroci Titani di ucciderlo; invano il dio si era tramutato in toro per nascondersi. 
Raggiunto e riconosciuto, era stato ucciso e le sue carni consumate in un banchetto; ma Zeus, furibondo per l'oltraggio fatto a suo figlio, aveva incenerito i colpevoli con un fulmine: dalle ceneri erano sorti gli uomini, mescolanza di elementi titanici negativi e di elementi dionisiaci positivi. 
I seguaci dei Misteri imitavano le peregrinazioni del dio, ballando al ritmo selvaggio del ditirambo, bevendo ed entrando in uno stato di ubriachezza estatica; essi erano convinti che l'ossesso fosse invaso dallo spirito di Dioniso, tanto che la parola "entusiasmarsi" significava "essere posseduti dal dio". 
 

Nella foto,
una scultura con Bacco che danza preceduto da un Satiro e da una Menade

 

La festa rituale si concludeva con il sacrificio di un animale, che veniva dilaniato con le mani nude dai partecipanti, che poi ne mangiavano le carni crude: questo era un modo per ricordare la morte del dio e per unirsi a lui misticamente. 
Nei culti dionisiaci, e nei loro derivati culti orfici, c'è un interessante elemento, del tutto originale rispetto alla religione greca: il senso del castigo e della ricompensa, che portava a sostenere che l'uomo era padrone del proprio destino ed era la sua condotta a determinarne la sorte.

                                                     Devon Scott

 

Il testo è tratto da Tradizioni perdute di Devon Scott, edizioni Lunaris.
Copyright, tutti i diritti riservati.


Note bibliografiche
(1) Le notizie sui Greci sono tratte da La civiltà della Grecia arcaica e classica di Francois Chamoux, editrice Sansoni, Firenze; da Storia della civiltà greca di Jacob Burckhardt, editrice Sansoni, Firenze; da L'uomo greco di Jean-Pierre Vernant, editrice Laterza, Bari; da La cultura greca e le origini del pensiero europeo di Bruno Snell, editrice Einaudi, Torino.

(2) Le notizie sulla religione e sui culti sono tratti da Antichi culti misterici di Walter Burkert, editrice Laterza, Bari; da I miti greci di Robert Graves, editrice Longanesi, Milano.

 

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