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STORIA DELLA MAGIA PRESSO GLI EBREI

di Devon Scott

 

 

 

Gli Israeliti (1) non apparvero all'improvviso, come nazione a sé stante, in un tempo e in un luogo precisi; si formarono lentamente da vari gruppi nell'area dalla Mesopotamia all'Egitto e dalle coste del Mediterraneo al deserto arabico, divenendo un popolo unito soltanto nel decimo secolo prima di Cristo; ma le tribù, esistenti molto prima di questo evento, hanno storie differenziate fra loro, fino all'uscita dall'Egitto con Mosè. 
Le tribù nomadi erano guidate nei loro spostamenti dai Patriarchi, a partire dal più famoso di tutti, Abramo; dal suo discendente, Giacobbe Israel, sarebbe derivato il nome del popolo. La definizione di "Ebrei" avrebbe forse origine dal popolo nomade degli Habiru, parola che significava "stranieri, non integrati"; per altri verrebbe da Eber, nipote di Sem e progenitore degli Israeliti.


 

Alla ricerca di pascoli per le loro pecore, gli Ebrei si spostarono fino in Egitto, dove vissero in relativa tranquillità per più di quattrocento anni; fu solo attorno al 1300 a. C., durante il regno di Ramsete II, che la situazione precipitò.

"Sopra l'Egitto sorse un nuovo re, che non tenne in nessuna considerazione Israele. Egli disse al suo popolo: Ecco, il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più potente di noi. Orsù, procediamo con cautela a suo riguardo, che non abbia a moltiplicarsi ancora e, in caso di guerra, non si unisca ai nostri nemici, combatta contro di noi e poi se ne parta dal nostro paese. Furono stabiliti dunque sopra Israele dei sorveglianti ai lavori, per opprimerlo con le loro angherie. Ma quanto più l'opprimevano, tanto più il popolo di Israele si moltiplicava e si estendeva. Per questo gli Egiziani presero in odio i figli d'Israele e li ridussero alla condizione di schiavi, trattandoli aspramente ed amareggiando la loro vita" (2).

Tra le persecuzioni che Ramsete ordinò contro gli Ebrei, una fu particolarmente terribile: comandò alle levatrici di uccidere tutti i neonati maschi, lasciando solo le femmine in vita. La Bibbia racconta, nel libro dell'Esodo, della nascita di colui che il Signore aveva destinato come liberatore: Mosè.

"Un uomo della casa di Levi prese per moglie una figlia di Levi. Questa donna concepì ed ebbe un figlio. Vedendo che era così bello, lo tenne celato per tre mesi. Poi, non potendo più tenerlo nascosto, prese una piccola cesta di papiro, la spalmò di bitume e di pece, vi pose dentro l'infante e la mise nella giuncaia sulle rive del Nilo. La sorella del bambino se ne rimase ad una certa distanza, per vedere che cosa gli sarebbe successo.
Intanto la figlia del Faraone era scesa a bagnarsi nel fiume e mentre le sue ancelle passeggiavano sulla riva, ella vide la piccola cesta nella giuncaia e mandò la sua serva a prenderla. Poi l'aprì e vide che c'era dentro un bambino; ed ecco che il bimbo pianse ed ella ne fu mossa a compassione e disse: "Questo è un figlio degli Ebrei". Allora la sorella del bambino le chiese: "Devo andare a chiamarti una balia ebrea che allatti il bambino?" La figlia del Faraone le disse di sì e la fanciulla corse a chiamare la madre del bambino
" (3).

Nell'immagine a lato,
"Mosè ritrovato" di Salvator Rosa (1615-1673), particolare, olio su tela. Detroit, Institute of Arts


Fu così che la madre poté ritrovare suo figlio. La principessa lo allevò e lo chiamò Mosè, che in egiziano vuol dire "salvato dalle acque". Il piccolo venne educato come un principe; imparò la matematica, la musica, la medicina, l'astrologia e la scrittura, che poi trasmise al suo popolo. Egli apprese anche la magia, che gli fu insegnata dal sacerdote Anacharsis, che gli rivelò i nomi degli spiriti da invocare quando era nei guai e gli regalò il Dragone Rosso, un potentissimo talismano. 

Mosè un giorno uccise un Egiziano per difendere un Ebreo, per cui fu costretto a fuggire. Sposò la figlia di Jetro, sacerdote di Madian, e visse per anni pascolando le pecore, finché Jahvè non gli fece conoscere la sua missione. 
Egli tornò allora in Egitto e costrinse il Faraone a liberare il popolo d'Israele, per guidarlo nella terra che era stata loro promessa da Dio. Essendo Ramsete contrario a lasciarlo andare, il Signore mandò dieci terribili piaghe sopra l'Egitto. Guidati da Mosè, gli Ebrei peregrinarono per quarant'anni prima di arrivare in Palestina. 
Dopo aver ricevuto le tavole delle Leggi da Dio, Mosè morì nelle pianure di Moab; gli Ebrei si stabilirono nella zona fra il Mar Morto, la Fenicia ed il Sinai. L'abbandono del nomadismo favorì una fiorente civiltà nella valle del Giordano. Il popolo fu diviso in 12 tribù, ciascuna governata da un Giudice, capo che veniva eletto per le sue capacità e le sue doti, non per diritto ereditario.

La terra promessa era però abitata da altre genti, tra cui i Filistei, i Cananei, i Samaritani e gli Aramei. Con questi popoli gli Ebrei lottarono duramente fino alla creazione del primo Stato Ebraico sotto re Saul, attorno al 1020 a. C.
Il suo successore, Davide, conquistò Gerusalemme e suo figlio Salomone la dotò del primo tempio stabile.


Nella foto, 
veduta di Gerusalemme


Prima di allora c'era stato soltanto un tempio itinerante, la sacra Arca dell'Alleanza, cassa di legno dorato contenente le Tavole delle Leggi, date a Mosè sul Sinai dal Signore. 
Durante le peregrinazioni veniva trasportata a spalla da quattro uomini, durante le soste era posta sotto una tenda, il Tabernacolo. 
Gli Ebrei erano stati nomadi tanto a lungo che non avevano alcuna nozione di architetture stabili; per questo motivo la costruzione del tempio di Gerusalemme fu affidata alle maestranze fenicie, mandate da re Hiram I di Tiro, col quale Salomone si indebitò pesantemente. 
Egli consolidò lo stato dal punto di vista economico, amministrativo, religioso e culturale; ma alla sua morte, attorno al 920 a. C., ci fu una grave crisi, che portò ad uno scisma fra le tribù: quelle del Nord diedero origine al regno di Israele, con capitale a Samaria, quelle del sud costituirono il regno di Giudea, con capitale a Gerusalemme. 
La divisione indebolì lo stato ebraico, rendendolo facile preda dei nemici; il re Nabuccodonosor distrusse Gerusalemme ed il suo tempio nel 586 a. C. Tutta la popolazione sopravvissuta, secondo l'usanza dell'epoca, fu deportata in Mesopotamia. 
Babilonia significa "porta di Dio", ma per gli Ebrei fu solo un luogo di prigionia; la cattività babilonese finì cinquant'anni più tardi, con la conquista persiana del re Ciro, che permise loro il ritorno in Palestina. 
Ma in quel periodo durissimo i Profeti (parola che significa "colui che parla") avevano tenuto ben desto lo spirito nazionalistico e religioso: la prigionia fu intesa come una punizione divina per coloro che avevano rinnegato la sacra alleanza con Jahvè, che proteggeva dai nemici il popolo eletto.

La Bibbia è la fonte principale delle nostre conoscenze sul popolo ebraico. I primi cinque libri del Vecchio Testamento sono chiamati Pentateuco (dal greco, rotolo in cinque parti) e la tradizione li attribuisce a Mosè: sono la Genesi, l'Esodo, il Levitico, i Numeri ed il Deuteronomio. Essi costituiscono per gli Ebrei la Thorà, cioè la Legge, e vi troviamo una lunga serie di norme che regolamentano ogni aspetto della vita, per permettere al popolo di Israele di mantenersi puro al cospetto del proprio Signore. 
Il concetto di un Dio unico era allora molto originale, anche se non appannaggio dei soli Ebrei; in realtà si può parlare di monoteismo in senso stretto solo dopo Mosè, perché prima si preferisce il termine di "monolatria" (4), che indica una predominanza di adorazione per un dio che non escluda però dei minori.
Jahvè assommava in sé le caratteristiche che altri popoli dividevano in molteplici divinità: egli era il dio degli eserciti, dava la legge e la vittoria al suo popolo, era lo scudo che proteggeva il giusto e puniva l'ingiustizia. Era anche un Dio che non tollerava altri dei; per questo la Bibbia descriveva minuziosamente i guai a cui andava incontro chi rinnegava l'unico vero Dio a favore di falsi dei. 

Il pericolo dell'idolatria non era così lontano come si potrebbe pensare. Jahvè aveva stretto un patto con il popolo di Israele, ma le popolazioni vicine avevano divinità delle quali, ogni tanto, egli subiva la suggestione. Dai Fenici gli Ebrei presero Astarte, dea della fecondità, simbolo e protettrice della donna e della madre; dagli Assiro-Babilonesi Dumu-zi-abzu, che fu cambiato in Tammuz, che rappresentava le forze generative della natura e che divenne il protettore dell'agricoltura; egli era amante di Astarte ed ogni anno moriva per discendere sotto terra, per cui era anche il dio dell'Oltretomba. 
Dai Cananei presero Baal, dio dei fulmini, che divenne poi protettore dei raccolti. Insieme a queste divinità positive, essi adorarono il dio fenicio Melkart, che prese il nome di Moloch, che significa "re dell'ignominia": la feroce divinità, dalla testa di toro e dalle braccia tese, chiedeva sacrifici di bambini, che venivano sgozzati o arsi vivi nella statua arroventata del dio.
 

Nel disegno,
raffigurazione medievale di Moloch

 

Onorarono anche le divinità cananee Reshef, signore del deserto, della guerra e della calamità, e Asherah, dea del mare, dei boschi e della sensualità, i cui riti erano veri e propri baccanali osceni. Dai vicini Filistei ereditarono Dagon, dio della tempesta, raffigurato talvolta con una lunga coda di pesce, che invece per i Cananei era il dio del grano; dai Moabiti presero Baal-Peor, dio al quale le fanciulle sacrificavano la loro innocenza. Il nome venne poi cristianizzato e si trasformò in Belfagor, demone che seduceva promettendo scoperte scientifiche.

Di esempi di magia la Bibbia è piuttosto ricca. 
Il dono della profezia era comunemente accettato e veniva detto "essere invasi dallo spirito di Pitone", da cui il termine pitonessa dato alle indovine. Oltre ai profeti esisteva anche l'oracolo di Ephod nel tempio di Gerusalemme, ma era un "veggente di stato" in diretta comunicazione con Dio, e talvolta si rifiutava di rispondere, specialmente se lo si consultava troppe volte o se il Signore era adirato col popolo. 
Allora ci si rivolgeva agli indovini, pratica che, in teoria, era severamente proibita; come si legge nel Levitico: "Voi non ricorrerete a quelli che evocano gli spiriti dei morti e non consulterete gli indovini per non contaminarvi a causa loro. Se uno lo fa, io volgerò la mia faccia contro di lui e lo farò sparire dal suo popolo".


Nell'immagine a lato,
un sacerdote con l'Ephod al collo, da un libro tedesco sui costumi nei secoli (1850)

 

In realtà gli indovini ed i negromanti, cioè coloro che traevano profezie facendo parlare i defunti, erano consultati da tutti; il profeta Ezechiele disse che essi esercitavano impunemente la magia e venivano colmati di doni. 
Perfino Saul, che aveva emanato severe leggi contro la divinazione, volendo conoscere la propria sorte si rivolse alla celebre pitonessa di En-dor, che evocò per lui lo spirito di Samuele, il quale gli annunciò il castigo divino, gli disse che egli sarebbe morto con i suoi figli nella battaglia contro i Filistei e che gli sarebbe succeduto come re Davide. Una leggenda dice che questi era un mago della setta dei Nabi, che aveva la sede a Naioth, presso Rama, forse l'odierna Ar-Ramlah, città al confine fra la Giordania e l'Arabia Saudita; i suoi membri, come i Dervisci dell'Islam, si abbandonavano a danza furiose con occhi rovesciati, grida acute, rotolamenti e convulsioni, durante le quali profetizzavano.

Hanno caratteristiche magiche i miracoli che Mosè ed Aronne compirono davanti al Faraone, tramutando il loro bastone in serpente: i sacerdoti di Ramsete fecero lo stesso con i propri bastoni, per dimostrare che la magia degli Ebrei non era migliore di quella degli Egizi, ma il serpente di Mosè inghiottì i serpenti degli Egiziani. 
Giuseppe portava sempre con sé una coppa, che gli serviva per la divinazione con l'acqua, nella quale egli leggeva gli eventi futuri. 
Un esempio di magia imitativa è il metodo usato da Giacobbe per frodare il gregge al suocero Labano; egli chiese astutamente al suocero di essere pagato per il suo lavoro solo con le pecore e le capre dal pelo maculato.

"Giacobbe prese dei rami verdi di pioppo, di mandorlo e di platano e li sbucciò a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami. Poi piantò i rami così sbucciati a strisce negli abbeveratoi e nei trogoli dove le pecore andavano a bere e mangiare. Poiché le pecore lì si accoppiavano, figliavano agnelli striati e maculati; in tal modo egli si arricchì" (5).

Anche i re erano cultori di magia. Manasse, re di Giudea, fu il più crudele: egli si servì della magia nera contro i suoi nemici, innalzò idoli agli astri del cielo, ai quali immolò perfino suo figlio; introdusse nel tempio di Gerusalemme le statue di Baal e di Asherah e favorì il diffondersi degli astrologi e dei maghi.
 Si rese colpevole di ogni sorta di nefandezze, per cui il Signore fece piombare su Gerusalemme "tali sventure che chiunque ne udrà, ne avrà le orecchie rintronate". E nel Libro dei Re si legge: "Io farò pulizia di Gerusalemme come si pulisce un piatto, il quale, lavato che sia, si rivolta sottosopra".

Il re-mago per eccellenza fu Salomone, che aveva avuto giovanissimo una visione, in cui Dio gli chiedeva di scegliere un dono: egli volle la sapienza e la capacità di discernere il bene dal male e per questo motivo il Signore gli concesse una larghezza di mente pari "alla sabbia che sta sulla riva del mare". 
Salomone fece costruire il Tempio di Gerusalemme, che ancora oggi viene usato come pianta per i templi iniziatici. La Bibbia ce ne dà una descrizione molto accurata (Libro dei Re, 6-7). 
Il Tempio che Salomone edificò al Signore aveva circa sessanta cubiti (un cubito equivale a circa 45 cm) di lunghezza, venti di larghezza e trenta di altezza; ogni pietra era stata levigata altrove, in modo tale che il Tempio non sentisse risuonare alcun rumore di ferro, martelli o scalpelli. 
All'interno non si potevano vedere pietre, perché tutto era stato rivestito da profumatissimi pannelli di legno di cedro. All'ingresso del santuario c'erano due colonne di rame vuote all'interno, chiamate Iachin e Boaz; esse non servivano come sostegno, ma erano la porta di entrata, sovrastate dall'architrave, simbolo dell'equilibro fra le forze. 
Terminato il Tempio, Salomone vi fece trasportare l'Arca dell'Alleanza e lo consacrò al Signore. 
Una leggenda dice che il magnifico tempio fu costruito in soli sette anni, perché Salomone aveva ridotto in schiavitù il demonio Asmodeo, che controllava lo Shamir, un leggendario verme che sapeva spaccare e sagomare pietre con grande velocità ed abilità. Per rendere schiavo Asmodeo, Salomone lo aveva fatto ubriacare e poi l'aveva bloccato con un anello magico, che portava inciso all'interno il nome di Dio. 

La fama della sua saggezza, tramandata ai posteri dal famoso aneddoto delle due madri che dovettero spartirsi il bambino, attirò a Gerusalemme la regina di She-ba (Saba); questa, espertissima maga, gli pose difficili questioni esoteriche, alle quali Salomone diede risposta; colma di ammirazione, la donna se ne tornò nel suo regno, dopo avergli lasciato molti munifici doni. 
La Bibbia non dice altro a proposito di questa regina, però un manoscritto etiope del XII secolo, il Kebra Nagast (la gloria dei re), narra una storia diversa; esso racconta che la regina, di nome Makeda, durante il suo soggiorno concepì un figlio con Salomone; tornata nella capitale del suo regno, ella partorì il bambino, al quale diede il nome di Menelik, che significa "figlio dell'uomo saggio". 
A vent'anni il giovane andò a Gerusalemme, dove venne riconosciuto dal padre e colmato di onori; questo fece nascere molte invidie, specialmente fra gli altri figli del re. Menelik rimase alla corte solo per un anno, poi tornò in Etiopia; per volere di Salomone, nel viaggio di ritorno lo accompagnarono i figli primogeniti dei più alti sacerdoti. 
Uno di questi, Azarius, figlio di Zadok, rubò la Santa Arca dell'Alleanza, che era custodita nel tempio di Gerusalemme. Menelik, che non sapeva nulla del furto, venne informato solo quando erano vicini a She-ba, e decise di tenersi l'Arca, affidando la sua custodia ad una casta di sacerdoti "puri di cuore, limpidi di mente e amanti di Dio", che ancora oggi ne sarebbero i custodi (6).

Salomone aveva ricevuto la grazia di molte conoscenze; oltre all'anello magico per soggiogare i demoni egli ne aveva anche un altro che gli permetteva di capire la voce degli animali. 
La familiarità di Salomone con gli spiriti e con i diavoli ne tramandò ai posteri la fama come autore di alcuni manuali di magia, i Grimori, fioriti nel Medioevo e nel Rinascimento. 
La saggezza del re, purtroppo, non si estendeva agli affari di cuore; le sue innumerevoli donne di varie nazionalità, che la Bibbia quantifica nel rispettabile numero di settecento mogli e trecento concubine, lo convinsero ad erigere una grande varietà di templi, nei quali esse potessero adorare i loro dei. 
Divenuto vecchio, "il suo cuore, a causa delle donne, fu sviato al punto da seguire dei stranieri, sicché egli non era più tutto per il Signore. Egli venerava Astarte, dea dei Fenici, e l'abominevole Moloch. Egli fece quello che era male davanti al Signore".
Dio, adirato con Salomone, gli suscitò contro molti nemici. Alla sua morte gli successe il figlio Roboamo, sotto il quale il regno fu diviso.

                                                    Devon Scott

 

Il testo è tratto da Tradizioni perdute di Devon Scott, edizioni Lunaris.
Copyright, tutti i diritti riservati.
 

Note bibliografiche
(1) Su storia e religione degli Ebrei si veda, per un quadro molto generale, Atlante storico del popolo ebraico di vari autori, con la revisione per la versione italiana di E. Loewenthal, editrice Zanichelli, Bologna; più in particolare si veda Storia del popolo ebraico di Eban Abba, editrice Mondadori, Milano; Il ritorno degli Ebrei nella Terra Promessa di Rosellina Balbi, editrice Mondadori, Milano; La rivolta degli Ebrei di Amos Elon, editrice Rizzoli, Milano; Concetti fondamentali dell'Ebraismo di Gershom Sholem, Genova; Storia di Israele e di Giuda di Francois Castel, editrice Paoline, Milano; Lineamenti di storia delle religioni di A. Donini, Editori Riuniti, Roma; I manoscritti del Mar Morto di J. Alberto Soggin, editrice Newton, Roma; The spiritual nature of man di B. Ornestein, editrice Columbia University Press, New York. Le notizie sulla magia antica sono tratte da La magia nel mondo antico di Fritz Graf, editrice Laterza, Bari; da Storia della magia di Maurice Bouisson, editrice SugarCo, Milano; da Lo specchio della magia di Kurt Seligmann, editrice Casini, Roma; da Storia della magia di Richard Cavendish, editrice Mondadori, Milano; da The Encyclopedia of the Occult di Lewis Spence, editrice Bracken, Londra. Le citazioni sul diavolo sono tratte da Il diavolo nel mondo antico di Jeffrey B. Russel, editrice Laterza, Bari.

(2) Le citazioni bibliche sono tratte da La sacra Bibbia, editrice Pia Società San Paolo, Roma.

(3) Da La sacra Bibbia, opera citata.

(4) La spiegazione del concetto di monolatria degli antichi Ebrei è tratto da Lineamenti di storia delle religioni di A. Donini, opera citata.

(5) Da La sacra Bibbia, opera citata.

(6) La storia del manoscritto etiope è citata in Il mistero del Sacro Graal di Graham Hancock, editrice Piemme, Alessandria.

 

 

 

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