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Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

MARTINISMO

                                
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TEODICEA DI SAINT MARTIN

di Sidus

La chiesa romana ma anche i nuovi movimenti spirituali sono e saranno incapaci di una nuova e moderna rottura epistemologica nella ricerca del vero e nella teodicea perennis del conflitto ontologico tra l’essere Buono-Dio e il Male personificato. Il martinismo nella figura del suo caposcuola affronta il problema nel celebre testo tratto dalla sua opera ‘Il Bene e il Male’ pubblicato nel nostro sito, leggiamola insieme…

«Dio non è libero alla maniera degli uomini, di cui la libertà fondata sulla debolezza o l’ignoranza consiste nel potersi decidere tra il bene ed il male. Dio vuole, senza dubitare, e con la più perfetta volontà che si possa immaginare, ma non è libero, poiché egli non ha da scegliere. Egli conosce il meglio ed in tutti i suoi atti  non è possibile che non voglia fare il meglio. L’uomo esamina, perché non conosce; sceglie, perché esita; si decide, perché ha dubitato, ecco ciò ch’egli chiama “libertà”. Essere limitato, debole, o cattivo, sta solamente a lui di volere il male o di non fare il bene, e può decidersi per l’uno o l’altro a sua volontà. Ma Dio non esamina. Il migliore è uno, egli lo conosce sempre e lo vuole sempre; non si può supporre alcun bene che Dio abbia potuto fare e che non abbia fatto; ogni bene possibile è emanato da lui, o è in lui, per la sola ragione ch’egli è il Bene. Sventurata libertà, tu sei il funesto appannaggio dell’essere imperfetto, che non porta la sua legge in se stesso. È da te che ogni disordine è venuto; tu genererai col tuo solo consenso contro la legge divina, tutto il male e la corruzione. Sei tu che insozzerai le emanazioni pure prodotte dal seno stesso della Divinità. È per te che gli angeli e l’uomo si resero criminali e che furono respinti dalla circonferenza divina, dove nulla d’impuro può sussistere un istante. Quanto l’uomo era cieco, allorché guardando questa libertà funesta, come una perfezione, osò farne un attributo dell’Essere supremo; e non vedeva che la potenza di preferire il male al bene, o di non fare né l’uno né l’altro, non poteva essere supposta in Dio senza un’empietà estrema, poiché in lui non vi è né indifferenza né incertezza. Dunque, domandare se Dio è libero, è domandare se egli può volere il male, o quanto meno, è domandare se può fare il meglio. Dio fa ogni cosa, perché vuole farla, senza dubbio, ma la vuole perché nel suo pensiero divino essa è tale quale dev’essere, e non perché è libero, poiché la “libertà” suppone la scelta: e per colui che possiede in sé la perfezione e che la vuole essenzialmente, non vi è da scegliere. Riconosci dunque il tuo errore, distinguendo la libertà dal volere. La “libertà”    consiste nella scelta e precede la determinazione negli esseri imperfetti. Il “volere” precede e produce l’atto; è in colui nel quale solo risiede l’onnipotenza che questa facoltà si trova in tutta la sua estensione. Rinuncia all’orgoglio della libertà, cerca con ardore l’evidenza del bene, fatti di questa luce celeste una legge di necessità, ed in questo ti riavvicinerai sempre più alla perfezione divina, che fa e vuole sempre essenzialmente il meglio». L.C. de Saint Martin (Del male e del bene).

 

Saint Martin vede quindi nella scelta (il concetto è comunque presente anche nel II libro della Repubblica di Platone),  nella libertà di affrontare un aut-aut (parlando dal punto di vista esistenzialistico), l’origine del male, scelta che genererebbe angoscia e quindi potenziale sviluppo verso ciò che è ontologicamente il contrario del Dio perfetto Bene supremo. Questi non avendo il male in sé e quindi essendo il Perfetto non sceglie, ergo non è immanentemente  libero alla maniera degli uomini poiché non di scelte si occupa ma di Volere senza dubitare; ma non si comprende in fondo se in questo Volere possa e debba anche essere inserito il Fato-Moira o la Necessità Ananke che alterano gli equilibri e generano la corruzione, dal momento che nel Bene non vi è Male poiché questo è degenerato da un movimento dell’essere inferiore-uomo. Riconoscendo l’errore della scelta l’uomo decade nel regno delle Tenebre-Conoscenza : la scelta quindi come movimento volontario che produce conoscenza nella misura in cui produce eventi negativi/male attraverso i quali si dovrebbe dopo risalire ad una non scelta per approdare nella Luce celeste della Perfezione Divina, Unica e non libera poiché depositaria di un movimento non dicotomico, non dualistico; nel regno delle Tenebre il Male sovrasta poiché generato dalle scelte. La tesi del padre del Martinismo non chiarisce comunque il perché della sofferenza non generata dalle scelte ma ad esempio dalla forza della natura, dai capricci di una sorte che possa assegnare sofferenze del corpo a noi stessi e magari ai nostri familiari più stretti. Il Saint Martin non spiegherebbe le sofferenze oncologiche negli ospedali pediatrici e così via; cristianamente parlando una parziale risposta alla domanda sul perché del male, di questo male non generato da proprie scelte, si potrebbe avere con un Manzoni, ove la Divina Provvidenza persegue i suoi disegni che non sono percepibili da chi vive in basso una vita ove il massimo del terrore sarebbe rappresentato dal trapasso; il superamento del concetto di morte sta alla base di questo ragionamento ove l’escatologia della sofferenza giustifica in qualche maniera il Male in sé, autoctono diremmo quasi, e la cattiva sorte anche quello non derivabile dal libero arbitrio, dalle scelte nefaste.

Per Platone ‘del male, e quindi del nostro far male, il Dio non può essere ritenuto causa. Dio è bene, Dio è immutabile, è semplice, è veritiero, ed è causa di tutti i beni. Dio è innocente". Dio deve essere ritenuto innocente dei mali del mondo, del nostro far male; e quindi è per nostra scelta, è per nostra libertà che noi facciamo male (come sostiene anche il filosofo Cacciari). ‘Noi non siamo determinati dal Divino ad agire male; le nostre imperfezioni le nostre miserie sono frutto e prodotto della nostra libertà’ . Dio è innocente, è l'uomo che è causa del male, è l'uomo - secondo il grande mito che Platone narra nella Repubblica - che si sceglie il proprio 'dàimon', il proprio carattere, il proprio demone.

Plutarco e Euripide complicano la problematica riportando che ‘ non possono star separati i beni e i mali’ essendovi tra essi una ‘non so quale mescolanza, tale che riesce a buon fine’. Ed Eraclito aggiunge, per intricare ulteriormente la teodicea, che l’armonia dell’Universo , simile a quello della lira e dell’arco, è a doppia curvatura’ quidi fatta di Bene e di Male commisti tra loro. Il Male quindi altra faccia della medaglia del Bene che coesisterebbero in ogni dove, sia nell’essere inferiore, nel microcosmo, sia nella armonia e disarmonie dell’Universo con i loro cataclismi cosmici (di cui giornalmente ci informano gli astrofisici) – micro e macrocosmo che coincidono come in Trismegisto – anche nella equivalenza della dualità. Per sfuggire alla Moira occorre quindi cercare l’equilibrio, il controllo delle disarmonie ma anche del Bene e del Male, un superamento di entrambi per non farci tiranneggiare né dall’uno né dal suo daimon opposto.

Sidus

Tratto dal sito Il Trilume

http://www.grandetriade.it/

 

 

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