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Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

MARTINISMO

                                
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L'ESPERIENZA DELL'IMMORTALITA'

di

GIOVANNI ANIEL S.I.I. (FABRIZIO MARIANI)

GRAN MAESTRO PASSATO DELL'ORDINE MARTINISTA UNIVERSALE

 

Possiamo inoltre sperimentare, già in questa nostra vita mortale, l'esperienza dell'immortalità, cioé avere la certezza intuitiva della sopravvivenza della continuità della nostra coscienza. Riflettiamo.

Se accettiamo il principio che questa vita, data alla personalità che attualmente incarniamo, è un'occasione unica di sviluppo (relativamente a questa personalità mortale, è ovvio) e se osserviamo le finalità connesse con la ricerca spirituale che abbiamo deciso di affrontare (per motivi che a noi stessi possono apparire sconosciuti), ne deriva, ineluttabilmente, l'impegno a non lasciar trascorrere nel vuoto nemmeno un istante, compresi i miliardi di istanti di cui è fatto il tempo che trascorriamo dormendo e che corrisponde ad un terzo della nostra vita.

La morte è sorella del sonno, Thanatos e Ypnos, dicevano gli antichi, sono figli della stessa madre. Una breve indagine sul sonno ci porta più vicini a comprendere, per poi interiorizzare, il problema della morte.

Ci dice la tradizione ermetica che quando una persona normale giace addormentata i suoi veicoli sottili sono usciti dal corpo - cui restano connessi con il cordone argenteo - e continuano ad essere operanti nelle loro regioni specifiche (l'astrale nel mondo astrale, il mentale nel mondo mentale e così via). Nella maggior parte dei casi, di questa attività la mente nulla registra a livello cosciente; alcune persone, invece, conservano al risveglio una sorta di «ricordo» relativo a qualcosa di indefinibile che si è fatto, mentre altre ancora mantengono vivida, sempre al momento del risveglio, la percezione di quanto hanno compiuto nel corso di quella situazione esistenziale che piuttosto impropriamente si suole definire «sogno lucido». A poche infine è dato di mantenere integro e intatto lo stato di coscienza per tutta la durata del sonno (che, a ben guardare, non si può più definire tale). Di questi pochi si suole dire che sono riusciti a costruire un ponte      (l'«Anthakarana» della tradizione indù) tra la coscienza mentale e la astrale e tra quest'ultima e la coscienza del piano fisico; in altre parole l'anima immortale, che è la matrice e il motore di un numero incalcolabile di incarnazioni, si collega permanentemente, attraverso la mente, con il cervello e gli trasmette tutte le informazioni, comprese quelle relative ad altre incarnazioni, cioé vissute da altri cervelli ormai polvere), delle quali ovviamente, in condizioni normali, questo cervello non potrebbe avere sentore, legato come è alla caducità della personalità fisica. Quando questo fenomeno si realizza, cioé quando il ponte si è formato, la morte come annientamento della personalità non esiste più - come non esiste più il sonno comune - e si instaura, al centro del campo di coscienza, la percezione ininterrotta dell'Essere, la percezione dell'eterno fluire della Vita Una della quale tutti facciamo parte.

Il problema è la costruzione del ponte, la quale è fattibile a condizione che l'anima sia giunta ad un certo grado di maturazione (che è poi quello medio cui giunge l'anima di gran parte di coloro che, quale che sia il loro livello culturale, hanno cominciato ad interrogarsi sull'esistenza cercando di darsi una risposta). Se l'anima dunque è matura, le porte della percezione si aprono attraverso la meditazione, la quale ha come presupposto una struttura fisica il più possibile decantata, non appesantita, cioé, da cibi e bevande ingeriti oltre misura (ed è questa una delle spiegazioni dei cosiddetti digiuni rituali, intesi non come «penitenza», ma come «privazione» e «purificazione»). In questo sforzo di decantazione gioca un ruolo non secondario anche l'attività sessuale che deve essere equilibrata, conforme alle esigenze, lontana sia dagli eccessi di una prolungata e forzosa astinenza, sia da quelli connessi con una sovrabbondante dispersione dell'energia basale. Ma come si effettua la meditazione finalizzata alla costruzione del ponte? Poiché le tecniche sono numerose ed adattabili alle esigenze di una grande varietà di tipi umani, è giocoforza tracciare uno schema di massima generico. Si comincia con il rilassamento fisico, cui seguirà il relax della sfera emotiva (il training autogeno può essere visto come un buon punto di riferimento, in questa fase); successivamente si cerca di esercitare il controllo della sfera mentale inibendo non l'afflusso dei pensieri, ma il loro disordinato fluire. Ciò fatto, giunti alla soglia del cosiddetto «silenzio interiore» - che è, più che altro, una sorta di equilibrio tra i vari corpi - si è pronti per meditare, cioé per canalizzare tutta l'attenzione-tensione (fisico emotivo - mentale) su un simbolo che sia congeniale e tenervela ferma con un atto di volontà: questo lavoro sui piani sottili può essere adeguatamente rafforzato con una respirazione libera e cosciente. Il simbolo che sarà stato scelto - una figura geometrica, una lama dei Tarocchi, un segno zodiacale, un fiore e via elencando - è la porta che introdurrà il ricercatore nella sua continuità interiore e che deve essere disserrata a forza perché «regnum coelorum vim patet», il regno dei cieli - vedi Matteo - soggiace alla forza. Un altro supporto durante la meditazione che sarà stata scelta può venire dalla ripetizione mentale di un mantra, cioé una parola di potenza alla quale il meditante avrà attribuito un carica energetica dirompente, tale cioé da vincere la resistenza della porta chiusa. E infine - elemento che permetterà di superare tutti gli ostacoli che la mente discorsiva frapporrà tra il ricercatore e la realizzazione di quanto ci si è prefissi - è necessario, sia pure come semplice ipotesi di lavoro, avere una fiducia illimitata, al di là delle illusioni e delle tante miserie che costellano la vita quotidiana, nelle proprie possibilità di sviluppo, nella sacralità dello spirito che regge l'uomo e lo fa sentire vivo. Solo così si giunge alle soglie del cabalistico Nulla, il Non-Essere che è la condizione primaria dell'Essere, l'Ensof del quale nulla si può dire o pensare.

Tale rarefatta forma di meditazione consiste nel fermare quietamente l'attenzione sul Pensiero Puro (o Immacolata Concezione, che linguisticamente vuoi dire la stessa cosa).

 

Da Atti del Congresso Martinista - 1993 - Edizione riservata

E' vietata la riproduzione

 

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