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Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

MARTINISMO

                                
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IL CORPO DI GLORIA
di Simon Pietro

 

Nella breve ricerca che ho potuto fare sul Corpo di Gloria mi sono soffermata su quanto scrive San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, dove afferma che il cristiano è un uomo terrestre, come figlio di Adamo, ma è uomo celeste se incorporato a Cristo. Perciò come porta l'immagine di Adamo nel corpo mortale così porterà l'immagine del Cristo nel corpo glorificato.

Nel commentare questo passo, l'Anonimo Francofortese, autore del "Libretto della vita perfetta" sostiene che Adamo era nel peccato perché voleva attribuirsi qualcosa che non era suo, voleva appropriarsi, non certo solo della mela, quanto della sua indipendenza da Dio, appropriarsi di se stesso e che, per riparare a questo peccato di superbia, è stato necessario che Dio si facesse uomo e che vivesse e morisse come un uomo, che però fosse sempre pronto a seguire la volontà di Dio, mettendo in secondo piano qualunque dolore, qualunque esigenza, aspirazione o desiderio che potesse avere, come uomo. Quindi, ecco la mia considerazione: se vogliamo che il nostro corpo possa accostarsi a quello di gloria, dovremo fare in modo che questo sacrificio cristico si possa ripetere in noi, cioè che noi non pecchiamo più di alcuna appropriazione - e quindi di superbia - e lasciamo agire in noi il nostro Creatore in modo che nulla ostacoli la Sua Opera. Spesso la nostra piccola personalità si attribuisce meriti per qualcosa di bello o di buono che abbiamo fatto, ma è in questo che si perpetuano il peccato di Adamo e quello di Lucifero. Anche Lucifero, infatti, voleva appropriarsi di qualcosa che non era suo, cioè dei poteri che gli erano stati elargiti da Dio. Mi sono sentita, quindi, spinta a rivolgermi cento domande, mi sono chiesta: quanto sono capace di vivere secondo la mia essenza? Quanto secondo il disegno divino? Mi adopero adeguatamente o no per conoscere i disegni divini in me? Quanto desidero agire per il Bene Eterno e quanto riesco a mettermi al servizio dell'Unità, proprio come la mano è al servizio dell'uomo? Come fare a non appropriarmi di nulla, nemmeno della stessa esistenza, della stessa vita, della morte, della conoscenza, della mia esistenza? Sarebbe opportuno anche se mi chiedessi se sono riuscita o no a perdere il timore dell'inferno e il desiderio del paradiso, perché anche questo sarebbe un segno che mi sono rimessa completamente a Dio. E ancora, se sento onestamente di essere povera di spirito, perché lo spirito non è della mia personalità, ma di Dio; se so accettare la volontà di Dio, qualunque essa sia, nel bene e nel male, continuando ad amarlo allo stesso modo. Mi chiedo anche se desidero di voler essere gratificata almeno spiritualmente, di voler essere accarezzata, in modo da provare in me grande dolcezza e piacere; se amo Dio solo quando questo accade, o se, invece, quando ciò mi manca, provo dolore, e mi dimentico di Dio, pensando di essere perduta? Ritengo che se questo accade è da considerarsi un grave difetto e un cattivo segno, giacché chi ama  davvero ha ugualmente caro Dio o il Bene Eterno sia nella privazione, come nella dolcezza o nell'amarezza. Questa è la prova di ogni uomo. Se veramente vogliamo parlare di Corpo di Gloria dobbiamo sapere che tutto quello che abbiamo studiato e che continueremo a studiare ci deve portare alla vera illuminazione, cioè alla consapevolezza che nulla ci appartiene e che ciò che ci accade è tutto giusto e perfetto, per noi e per gli altri. Con ciò non voglio dire che dobbiamo essere passivi ma affrontare le avversità con fermezza, serenità e soprattutto con la consapevolezza di lavorare sempre perché si affermi il bene; infatti Dio, che è perfetto e Bene Supremo, solo il Bene può volere che si affermi tramite noi. E' opportuno sottolineare, come già detto, che noi siamo in Adamo nel corpo terrestre, in quanto ci attribuiamo "qualche cosa", e che il male deriva tutto da questa attribuzione, illusione propria della nostra personalità. Dobbiamo riuscire a sentire che noi siamo creature di Dio, della stessa sostanza e che siamo nulla fuori di Lui. San Paolo a questo proposito dice che il perfetto è un'essenza che tutto comprende e racchiude in sé, senza la quale o al di fuori della quale non v'è alcun vero essere, ma nella quale, tutte le cose hanno il loro essere. Allora se vogliamo veramente lavorare per la perfezione dobbiamo riscattare questo peccato di superbia adamitico e luciferino che ancora si perpetua in noi. La nostra salvezza consiste nel comprendere che nulla ci appartiene e nell'aprire le porte al Bene Eterno, cioè a Dio. La conquista del Corpo di Gloria è senz'altro una conseguenza della nostra purificazione e del nostro lavoro sul distacco dal mondo, ma il lavoro che facciamo deve essere contemporaneo al proprio ribaltamento, ribaltamento che consiste nel mettere Dio al nostro posto, nell'amarlo perché siamo parte di Lui, e nel non dare più credito alle nostre esigenze personali, nel non conoscere degradazioni, quando, per sopravvivere o per aiutare altri, dobbiamo affrontare qualunque lavoro, qualunque privazione, nel pensare sempre più spesso che la nostra vita qui è illusione, che siamo illusione. Noi esoteristi usiamo dire: "Dobbiamo arrivare a collaborare con la Grande Opera, con il Grande Artefice dei Mondi". Penso quindi che potremo attuare questa aspirazione solo quando saremo riusciti a capire che noi siamo semplici creature, cioè create dal nulla, e che quindi nulla ci appartiene, che siamo parte di Dio e saremo riusciti a capire che solo la presenza di Dio in noi potrà farci vivere nella perfezione, allora lasceremo libero accesso al Suo volere in noi, e finalmente potremmo vivere nella perfezione anche su questa terra. In questa restituzione di noi stessi a Dio, si legge nel testo già citato, non posso o non devo fare assolutamente nulla, se non un puro patire, in modo che Dio solo agisca ed operi, ed io subisca lui, la sua opera e il suo volere. Se rimanessi attaccato al mio "io", Dio sarebbe ostacolato e non potrebbe operare, per la mia salvezza, fuori di me, senza la mia volontà. La mia caduta allora e il mio allontanamento rimarrebbero senza rimedio.

 SIMON PIETRO S.I.I.

 

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