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ASTROLOGIA

                                
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L’astrologia dei grandi astrologi rinascimentali

Congresso di Astrologia a S Giorgio a Cremano

nel maggio 2004

Clara Negri

 

Inizierei questa mia conversazione dando la priorità a una specifica domanda: Che cos’è l’astrologia? Sono sicura che molti di voi risponderanno: è l’arte di prevedere il futuro.

E’ proprio su questa definizione che avanzo i miei dubbi, e vi assicuro che non sono la sola perché, come vedremo, anche molti astrologi del Rinascimento europeo la pensavano come me, contestando apertamente i loro colleghi che la praticavano come arte previsionale. Cosicché, per fare un po’ di chiarezza su ciò di cui andiamo a parlare, risalirò brevemente alle sue lontanissime origini, contemporanee alla storia dell’uomo, dissentendo radicalmente sull’idea comune e suggestiva che essa, intesa come tecnica previsionale, sia stata definita “scienza”. In effetti la definizione di “scienza celeste” si riferiva e si riferisce esclusivamente alle sue implicazioni cosmologiche, matematiche, filosofiche, meteorologiche e religiose e per niente affatto al destino individuale.

Percorrendo a volo d’uccello il lontano passato, è d’uopo ricordare che l’astrologia degli antichi sacerdoti-astrologi assiro-babilonesi non ha mai lasciato una qualsivoglia documentazione scritta su eventuali rapporti esistenti tra posizione degli astri e destino del singolo individuo. I primi studi sulle influenze dei corpi celesti erano rigorosamente astronomici e meteorologici, non soltanto nell’antica Caldea o in Egitto bensì in qualsiasi altro luogo terrestre. Quel che chiamiamo astrologia, intendendo con questa parola la previsione del futuro individuale, ha iniziato a nascere verso il 400 a.C., giusto nella terra della logica e della ragione: la Grecia.

Furono infatti i Greci, dopo varie conquiste territoriali e scontri o fusioni con le diverse tradizioni orientali, i primi a stabilire rapporti tra i movimenti degli astri e gli accadimenti individuali, scavalcando ampiamente ciò che avevano sempre fatto gli astrologi caldei i quali si limitavano a pronosticare, tramite le osservazioni sulle continue mutevoli configurazioni celesti, i loro effetti sul clima, i raccolti, le epidemie, le guerre e giusto in ultimo accennavano qualcosa sul futuro di re e condottieri, più o meno in questi termini: “Se al 14° giorno del mese Luna e Sole sono in opposizione, il re avrà un grosso orecchio”[1] oppure “Se al 14° sirvan ( tra maggio e giugno), la Luna è offuscata e soffia il quarto vento (quello dell’Est) vi saranno ostilità e ci saranno morti” . Se questo vi sembra un oroscopo così come l’intendiamo oggi noi, me lo fate sapere.

Per trovare un oroscopo di nascita caldeo bisogna arrivare all’epoca degli Arsacidi, dinastia dei Parti iniziata con Arsace I nel 250 circa a.C.

Ritornando ai nostri antichi sacerdoti-astrologi caldei, occorre anche tener presente che costoro tenevano rigorosamente segrete le loro tecniche interpretative, guardandosi bene dal comunicarle al volgo ignorante. Cosicché, in illo tempore, la prima astronomia, perché appunto di quest’ultima si tratta, era soltanto appannaggio dei sapienti, unici detentori della conoscenza, e riguardava, come detto, avvenimenti generali che “per riflesso” avrebbero coinvolto la collettività.

Possiamo quindi datare a circa quattrocento anni prima di Cristo l’epoca in cui la religione astrale venne chiaramente influenzata e contagiata dal concetto di destino, di fato personale. Gradualmente, per l’antica correlazione che esiste tra il grande e il piccolo, il macro e il microcosmo, concetto abbondantemente divulgato da Ermete Trismegisto circa tremila anni prima di Cristo, l’astrologia divenne previsione del futuro di ognuno di noi, purché beninteso pagasse l’astrologo, e da quel momento ebbe inizio la sua prima commercializzazione. Sorprende vedere come essa riuscì ad affascinare e a suggestionare non soltanto gli uomini di cultura ma il popolo stesso perché indirettamente garantita dal prestigio intellettuale di chi la praticava: sapienti e matematici. Basti dire che nel periodo dell’Impero Romano gli astrologi divennero tanto numerosi e tanto ricchi, grazie alle persone disposte a pagare profumatamente il proprio oroscopo, da venir sottoposti al pagamento di una tassa, definita giustamente dal volgo “l’imposta dei folli”.

L’astrologia delle origini iniziò così a trasformarsi in astrologia divinatoria grazie a una prima divulgazione di massa, o secolarizzazione, avvenuta soltanto poco più di duemila anni or sono, e poi divenne a quasi tutti gli effetti oroscopo o, peggio ancora, oroscopone, in seguito alla sua seconda divulgazione avvenuta nella società moderna. Vorrei ricordare che il termine secolarizzazione, parola impiegata alla fine del XVI secolo per indicare il ritorno di un chierico allo stato laico, oggi sottintende quei processi di laicizzazione di una dottrina segreta, processi che divengono semplicemente sinonimi di sottrazione di strati del sapere. Diciamo pure che la divulgazione a tutta birra di ogni disciplina reputata sacra o iniziatica - vedi l’attuale profanazione effettuata dalla New Age - implica la sua dissacrazione, nel senso che toglie ad essa il velo di sacralità, e quindi il suo contatto con la dimensione trascendente perché viene a mancare la selezione individuale.

Tali premesse e constatazioni non impedirono però, sia in Egitto che in Grecia, e successivamente nell’Impero romano, che la dottrina astrale continuasse imperterrita la sua vita. E non solo, essa venne anche tollerata dalla Chiesa, i cui vescovi o papi la conoscevano e, all’occorrenza, la praticavano di persona.

Arrivando più o meno ai tempi nostri Papa Silvestro II - pur rigettando l’astrologia genetliaca, ossia l’oroscopo personale che considerava una superstizione - consigliava senza esitazioni“l’astrologia naturale che, secondo lui, entrava nel quadro delle scienze naturali”[2] . Pertanto aderiva in pieno alle teorie di Ippocrate, medico, astrologo e matematico del IV sec. a.C., che insegnava i rapporti fra i segni zodiacali e gli organi del corpo umano i quali, sulla base del principio universale di corrispondenza, formano un universo in miniatura.

Nella spiritualità religiosa del tardo Medio Evo anche S. Agostino e S. Tommaso si interessarono di questa disciplina, l’uno confutandola e l’altro accettandola, sebbene sempre dall’ottica delle influenze globali sul pianeta Terra e, sempre nel suo legame con la medicina, perché essa indicava le ore in cui si doveva assumere un farmaco, effettuare un salasso e via dicendo.

Sino al secolo XV la Chiesa si mostrò assai tollerante verso l’astrologia ma poi, man mano che quest’ultima diveniva sempre più popolare, cominciò a irrigidirsi nelle sue posizioni. Cosicché, nonostante i tanti papi ben disposti verso di essa - come Eugenio IV, Nicola V, Pio II, Pio III, Alessandro VI Borgia, Leone III eccetera - dopo il concilio di Trento terminato nel 1563, Papa Sisto V, molto più severo, richiese misure drastiche contro gli astrologi. L’effetto fu che, tra i libri posti all’Indice, vi entrarono anche quelli di astrologia assieme a ogni testo riguardante le arti divinatorie. Ancora una volta vennero salvate unicamente le previsioni “naturali”, riguardanti cioè l’agricoltura, le epidemie, le alluvioni, la farmacopea, che aderivano ai principi del medico astrologo Ippocrate dianzi menzionato.

Gli astrologi del Rinascimento, periodo che riguarda questo Congresso, possedevano un retroterra culturale risalente al mondo antico che non ha mai fatto una grande distinzione tra fisica e metafisica ed erano quindi molto più vicini al trascendente di noi, figli dell’era atomica. Ciò nonostante i più moderni si mostravano ben poco deterministi, quindi, aderendo anche al pensiero della Chiesa, sostenevano che si può prevedere con sicurezza un’eclissi di sole o di luna, un periodo piovoso o di siccità, ma il mistero e l’incognita del futuro individuale non può venir svelato. Ed è proprio su tale indiscutibile realtà che ancora oggi l’astrologia viene abbandonata dai molti che si interessano unicamente allo studio limitatissimo del presagio individuale e poi si scontrano con la vacuità di questa speranza e con l’inesattezza delle loro previsioni.

Possiamo quindi asserire, senza tema di smentite, che gli astrologi più autorevoli del Rinascimento avevano compreso, in toto o in parte, cosa può dare veramente l’astrologia e lo hanno ribadito in modo esplicito ed autorevole per svariati secoli.

Iniziamo a verificarlo con Tommaso D’Aquino che, nella sua Somma Teologica, scrive;

“E’ certamente … (permessa) la divinazione attraverso gli astri (perché) conoscere l’avvenire a partire dal passato e dal presente è un atto ragionevole che esige intelligenza e un minuzioso lavoro di comparazione…(però) Gli astri sono di natura fisica e non possono agire che su elementi fisici di cui il corpo dell’uomo e le pulsioni che gli sono organicamente legate. Ma la ragione e il libero arbitrio non sono di materia fisica e i segni celesti non possono agire che in maniera indiretta creando, in un certo senso, un clima. La decisione proviene dal libero arbitrio e non obbedisce ad alcuna necessità. Il saggio domina i suoi astri”.

Marsilio Ficino consigliava alle persone influenzate da Saturno di ricordarsi la polarità dei significati planetari che “dava ad ognuno la libertà di scegliere tra i due effetti positivi o negativi”

Paracelso, molto prima di Jung, ribadiva il concetto di Ficino asserendo che “non è Saturno sopra di noi che ci tormenta ma è il Saturno che è in noi”.

Erasmo da Rotterdam, altro studioso di astrologia, combatteva la dottrina della predestinazione e lo stesso Ticho Brahe prese posizione contro il fatalismo astrale, sottolineando molto chiaramente che l’uomo possedeva il libero arbitrio capace di contrastare ogni previsione celeste.

Non dimentichiamo però che, con parole quasi eguali, anche Dante già vari secoli prima aveva aderito a questo principio ed egli, che ben conosceva l’astrologia, ne parlò più volte nella sua Divina Commedia, lasciandoci, fra l’altro, il suo pensiero nel Purgatorio 16-73 con questi versi:

“Lo cielo i vostri movimenti inizia; Non dico tutti; ma posto ch’io ‘l dica, Lume vi è dato a bene ed a malizia, e a libero voler”.

Tra gli svariati motivi del fascino e del mistero della tanto discussa disciplina astrale vi è senza dubbio la sua diabolica capacità di continue metamorfosi, il che le permette di adattarsi con eccezionale facilità ai mutamenti e alle scoperte delle nuove leggi fisiche. Nata e vissuta per millenni assieme all’antico concetto geocentrico mai contestato apertamente sino al 1600 circa, essa accolse con grande disinvoltura la rivoluzione causata dagli studi di Copernico che, dopo 30 anni di osservazioni astronomiche e di riflessioni, dette la prima scossa alla credenza che il Sole girasse attorno alla terra, ostacolato furiosamente da Lutero. Per inciso anche Copernico, come la maggior parte dei colleghi scienziati, faceva oroscopi per aumentare le sue entrate di denaro. La sua scoperta, passata sotto banco perché rifiutata con violenza dalla Chiesa, non nocque più di tanto all’impalcatura dell’astrologia sapienziale, anzi proprio gli astrologi furono i primi ad accettare la nuova realtà astronomica. Ma se Copernico per non finire al rogo tacque, non capitò così a Giordano Bruno e tutti noi sappiamo il prezzo da lui pagato. Lo stesso Galilei aveva adottato il sistema eliocentrico ma confessò di aver “saggiamente evitato di diffonderlo pubblicamente”, seguito, altrettanto saggiamente, da Tommaso Campanella.

Il grande Keplero conosceva e praticava l’astrologia raccomandando agli scettici di “non gettare il bambino assieme all’acqua del bagno” ma considerava i dodici segni astrologici e il legame fra segni e pianeti

“una costruzione della mente dovuta a ragioni di geometria ideale…(perché) le configurazioni celesti non agiscono che indirettamente – e continuava scrivendo - “… l’anima reagisce a questi rapporti angolari come agli accordi armonici o dissonanti della musica: Gli astri non c’entrano per niente o non sanno niente, allo stesso modo di una canna d’organo che ignora tutto del canto che contribuisce a produrre”.

Benché rimproverato aspramente dal suo amico Fabricius di essere poco attento ai calcoli astrologici, la sua eccezionale intuizione (certamente dovuta alla congiunzione di Nettuno all’Ascendente) gli permise di fare quasi sempre previsioni esatte, a parte qualche insuccesso madornale come quello riguardante la morte del condottiero Wallenstein.

Egli attaccava violentemente i ciarlatani e i “mercanti di oroscopi” che terrorizzavano la gente con le loro previsioni e, nel vedere il mercimonio che molti suoi colleghi facevano dell’astrologia, nonché la visione ristretta di tanti altri, un giorno esasperato, gridò” Debbo dunque essere il solo ad insegnare la filosofia agli astrologi?” Forse anche per tali motivi, egli sosteneva che per divenire un buon astrologo occorre principalmente essere “intelligenti, colti ed equilibrati”, Ohibò, dopo quattro secoli, è nato almeno un astrologo che possegga queste virtù?

Anche Lutero s’interessava e praticava l’astrologia, di cui in seguito disconobbe il suo aspetto divinatorio, sia per lo scempio dei suoi dati di nascita spostati ben cinque volte da Luca Gaurico allo scopo di dimostrare che egli era l’anticristo (lo studioso Keil, nel 1752 scoprì invece che Lutero stesso diceva di esser nato il 10 novembre 1483 a mezzanotte, sebbene la madre asserisse che era nato fra le 11 e mezzanotte) sia per aver constatato che le sue previsioni sul papato non si erano realizzate; così divenne scettico e cominciò a disprezzare l’aspetto previsionale nonché le previsioni che gli studiosi degli influssi celesti facevano direttamente su di lui. Ciò non toglie che In quel periodo numerosi scienziati e pastori protestanti pubblicassero testi di astrologia e non disdegnassero affatto la previsione astrale.

Pico della Mirandola era un altro nemico dell’aspetto meramente divinatorio e asseriva che “nelle osservazioni e le esperienze degli astrologi tutto è incerto, niente è sicuro, vero o credibile, tutto è dubbio, sospetto o ridicolo”.

E’ di grande interesse notare che lo studio delle influenze celesti sull’uomo e sulla natura, fatto dai grandi medici, matematici, filosofi e astrologi rinascimentali, spesso assumeva concetti di una straordinaria modernità, di cui ne prendiamo atto giusto ora, grazie alle scoperte della nuova fisica negli ultimi cinquant’anni.

Giordano Bruno sosteneva “che gli astri influenzano il mondo sublunare in quattro modi: per la luce (i fotoni) per il calore, per il movimento e per gli aspetti”

Paracelso asseriva che la disciplina astrale avrebbe dovuto servire esclusivamente ai medici. Nel suo libro De dignitate astrologiae, presentato all’Università di Wittemberg, egli la definiva “una parte della fisica che rivela gli effetti che la luce degli astri (energia) esercita sui corpi semplici e composti nonché sulle modifiche, fusioni e tendenze che provoca”

Placido di Titis (nato nel 1603) considerato il padre del sistema oroscopico moderno che dà case diseguali a seconda della longitudine e della latitudine del paese, aderiva anch’egli all’ipotesi che la luce fosse la causa unica e la mediatrice dell’influenza astrale, ma seguita dal movimento che rendeva possibile le fasi e lo stazionamento della stessa e che provocava il freddo, l’umido, il caldo e il secco, “nonché tutto ciò che muore”. Nella sua opera Physiomatematica egli sottolineava:

“tutta la differenza tra la mia dottrina e quella degli altri autori che aderiscono alle quantità e agli spazi del cielo è che io considero il movimento degli astri e in alcun modo la quantità”

Da ciò si evince chiaramente che, nel Rinascimento, la migliore astrologia si stava spostando sempre più dal campo previsionale e magico-religioso al campo scientifico attuale. Il teologo Filippo Melantone (1496-1569) fu un altro illuminato, nel senso moderno del termine, perché asseriva che l’astrologia era una parte della fisica che rivela

“gli effetti che la luce degli astri esercita sui corpi semplici e composti e sulle fusioni, le modifiche e le tendenze che provoca…”

Ora la “luce”, ovvero il fotone, è giusto la particella primordiale da cui nasce ogni cosa nell’universo, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande.

Noi siamo un universo in miniatura e le ultime scoperte d’un cosmo olistico, di cui ogni parte rispecchia l’unità e in cui l’Unità contiene i miliardi delle sue parti, viene riconosciuta dalla nuova Fisica da almeno trent’anni a questa parte.

Il fisico contemporaneo Gary Zukav nel suo libro La danza dei maestri Wu Li” così si esprime:

“Secondo questa visione dell’universo, un unico soffio divino penetra nel cosmo, dandogli forma e vita. Tutto, nel mondo, s’intreccia in una sola, immensa catena di cause e di effetti: nulla può esistere e accadere senza diventare frutto e seme per ogni cosa” e continua: “La meccanica quantistica può dirci come si comporterà un gruppo di particelle ma l’unica cosa che può dirci su una particella singola è come si comporterà probabilmente”. E riconosce che “L’idea che nell’universo esista un ordine non casuale, olistico, non ebbe affatto origine con la fisica moderna, L’astrologia, per esempio è un tentativo di discernere un ordine cosmico in cui le vicende e le sorti dell’essere umano siano riflesse nell’organizzazione del cielo.”

Per non sovraccaricare ulteriormente questa ricerca, e per non abusare della vostra pazienza, non cito altri grandi personaggi rinascimentali che si sono interessati alla nostra disciplina, come Luca Gaurico, Girolamo Cardano, Morin de Villefranche, William Lilly, Leonardo da Vinci eccetera. Ma credo di aver egualmente dimostrato che gli astrologi più autorevoli hanno sempre preso le distanze dall’arte oroscopica, ben sapendo che la previsione – che riguardi avvenimenti umani, animali o cosmici – ha sempre un largo margine di incertezza essendo le variabili infinite; sicché, avendo già affrontato più o meno lo stesso argomento nel Congresso campano da me organizzato del marzo 2003, concludo questo mio intervento ribadendo che l’astrologia è soltanto l’arte di prevedere delle possibilità e nient’altro, cosa che anche i grandi astrologi rinascimentali sapevano benissimo.


Clara Negri


Bibliografia sommaria:

Bell, Bezold, Gundel: Storia dell’astrologia

Bouché-Leclerq Histoire de l’astrologie grecque:

Giuseppe Bezza Arcana Mundi

J. Tesler Storia dell’astrologia occidentale

W. Knappich Histoire de l’astrologie

 

 

TRATTO DAL SITO "ASTRARMONIA"

http://www.astrarmonia.com/

 

 

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