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Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

ALCHIMIA

                                
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LETTERE ALCHEMICHE

N. 2

Il bene più prezioso

La vita del Buddha, Gautama Sakyamuni, è conosciuta da molti anche in Occidente, ma pochi sono coloro che hanno mai sentito parlare delle cosiddette Jatàka, i resoconti delle sue vite anteriori, di grande valore per la conoscenza demoantropologica degli indiani (e non solo), racchiudendo le credenze, il folklore e i miti delle classi subalterne del subcontinente indiano.

Scopriamo, attraverso le Jataka, che Buddha, prima di incarnarsi nel figlio di Maha Maya, era nato in forme diverse, anche subumane, ma sempre con super-poteri, utilizzati, di solito, per aiutare gli uomini incontrati sul suo cammino. Le incarnazioni del Bodhisattva spaziano dagli animali (gallo, leone, gazzella, scimmia, lepre, ogni sorta di uccello, compreso il pavone) agli uomini (mercante, marinaio, agricoltore, principe), dalle piante a cieli e inferni di ogni genere, ma dovunque recando giustizia ed illuminazione.

Tra queste insolite biografie, tutte ricche di insegnamenti per il lettore, è particolarmente interessante quella che riguarda il re di Benares che era amico di Maga, il re dei Naga (serpenti), a cui aveva, una volta, salvato la vita.  Da questi, il re di Benares aveva ricevuto, tra i vari doni, la conoscenza di una formula magica (mantra) che gli avrebbe permesso di capire il linguaggio degli animali, con l'avvertenza che questo mantra era di inestimabile valore e che se lo avesse svelato a qualcun altro sarebbe bruciato tra le fiamme.

Essendo stato indotto dalla moglie alla promessa che le avrebbe rivelato tale formula, si preparò a morire sul rogo, non appena lo avesse fatto.

In quel momento, il Bodhisattva era il dio celeste Sakka e, sotto tale forma, pensò che era stato sciocco, il re di Benares, a fare tale promessa alla moglie. Decise, pertanto, di salvargli la vita e si trasformò in un caprone, mentre la moglie si trasformava in capra. Restando invisibile alla folla che accompagnava il proprio re a morire sul rogo, ma visibile al re e ai suoi cavalli, entrambi si misero dinanzi al carro che trasportava il re mettendo in atto una monta.

Il cavallo del re, colpito dall'impudicizia del capro, esclamò:

Certo i saggi han detto verità,

nel sostenere che il capro non ragiona;

eccolo ignaro al pubblico far mostra

di un atto che in segreto far dovrebbe.

Il capro ribatté:

Mio caro, lo sciocco, in questo caso

Sei tu, oh degno figlio di un'asina!

Tu che vai legato a una corda

A testa bassa e la mascella storta.

E sciocco sei due volte, amico,

che, libero dai lacci, via non fuggi!

E questo re che tu trasporti

E ancora più di te sciocco.

E il cavallo, di rimando:

Se io sono privo di ragione

Tu puoi saperlo, oh gran caprone!

Ma perché sarebbe folle il re?

Di grazia, dammi spiegazione!

Così il capro potè svelare i suoi motivi:

Ha ottenuto il re il più prezioso bene

E darlo vuole ad una femmina;

così non solo perde la sua vita

ma anche la sposa non sarà più sua.

A questo punto, il re intervenne chiedendo al caprone come avrebbe dovuto comportarsi in quelle circostanze. Il re dei caproni gli rispose che non era bene perdere la vita per una cosa o per una persona cara, e aggiunse:

Un principe tuo simile non deve

amare fino a disprezzare se stesso.

Il sé è il supremo bene;

il resto, senza grossi rischi, è secondario.

Gli consigliò, pertanto, di dire alla regina che, per apprendere il mantra, avrebbe dovuto ricevere un certo numero di frustate. La regina, persistendo nel proprio intendimento di conoscere la formula, accettò di sottoporsi ai colpi, ma dopo un paio di frustate gridò che il mantra non le interessava più.

continua - lettera alchemica n. 3

I.D.S.

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