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Il più antico dei Vangeli

 di Massimo Cogliandro

 

Il problema della datazione del Vangelo di Tomaso

Il Vangelo di Tomaso, trasmessoci integralmente dai papiri trovati a Chenoboschion, presso Nag Hammadi, nel 1945 in una versione copta a dir la verità alquanto rimaneggiata ed integrata da alcuni loghia che probabilmente non erano presenti nell’originale greco, è indubbiamente più antico rispetto ai Vangeli di Luca e di Matteo.
L’originale greco del Vangelo di Tomaso è stato steso sicuramente prima del II° secolo, periodo a cui risale l’Ox. pap. 654, mentre la versione copta trovata a Nag Hammadi risale al IV° secolo e nei duecento anni che separano la stesura del papiro trovato a Nag Hammadi dalla stesura dell’originale il testo ha subito sicure ed importanti deformazioni.
Ora, sono giunto alla conclusione che il Vangelo di Tomaso è più antico dei vangeli canonici partendo dall'analisi di alcuni loghia provenienti dalla comune "fonte Q" a cui attingono anche Luca e Matteo e dal confronto di questi loghia con gli analoghi detti di Gesù riportati dai sinottici.

In primo luogo, nella versione copta del Vangelo di Tomaso è riportato integralmente un detto di Gesù che invece nel Vangelo di Luca, probabilmente per motivi politici legati al fatto che in questo detto Gesù invitava la popolazione alla disobbedienza fiscale verso lo STATO ROMANO e le BUROCRAZIE SACERDOTALI, è stato riportato mutilato. Il loghion del Vangelo di Tomaso in questione è il seguente: "Ciò che è di Cesare (cioè: ciò che è dello Stato Romano) a Cesare (cioè: allo Stato Romano), ciò che è di Dio (cioè dei preti) a Dio (cioè ai preti), CIO’ CHE E’ MIO A ME (la parte che ho scritto in maiuscolo è la parte di questo detto di Gesù omessa dal Vangelo di Luca): è evidente che gli autori dei vangeli canonici hanno intuito la pericolosità che questa frase rivestiva per la nascente burocrazia clericale e per il suo tentativo di vedersi riconosciuto il diritto all’esistenza da parte dello Stato Romano e nei loro testi la hanno riportata mutilata nell’ultima parte ("CIO’ CHE E’ MIO A ME"), cioè in quella parte che rendeva rivoluzionario il loghion.
In secondo luogo, il termine "Cristo" non compare mai nel Vangelo di Tomaso, il che sta ad indicare che il suo autore, al contrario degli autori dei Vangeli Canonici, per il fatto di essere vissuto al tempo di Gesù, aveva ben chiaro che Gesù e il Cristo erano due persone distinte e, più precisamente i due Messia attesi dagli Esseni, cioè il Messia di Israele e il Messia di Aronne.

 

Il Vangelo di Tomaso e il mistero della nascita di Gesù

 

 

 Il Vangelo di Tomaso riporta una frase di Gesù (loghion n°105: "Colui che conosce il padre e la madre sarà detto: figlio di una prostituta"), che conferma la notizia di Celso secondo cui Gesù non è figlio di Giuseppe, ma del soldato romano Pantera e di Maria, che, ripudiata da Giuseppe, lo ha dovuto affidare ad una famiglia essena. E' noto a tutti, infatti, che le coppie essene crescevano figli altrui perché era fatto loro divieto di avere rapporti sessuali e quindi di avere figli propri.
Questa ipotesi trova conferma in un importante testo mandeo, il secondo trattato del Ginza di Destra, in cui è scritto:

 

"Non spaventatevi, non abbiate paura e non temete Msiha (=Gesù), il romano, il futile, colui che modifica i discorsi."

Anche per gli antichi Mandei, dunque, Gesù era romano.
Questa è una testimonianza che non può essere presa alla leggera dal momento che probabilmente la comunità mandea si è formata quando Gesù era ancora vivo.
Nel Vangelo vivente di Mani, inoltre, troviamo scritto quanto segue:

 

“Gesù, portato di fronte al procuratore, a Pilato, rispose alla sua domanda (su chi fosse egli realmente): Io non sono della casa di Giacobbe e della razza di Israele... (F. W. K. Müller, Handschriften Reste..., p.34-36).

 

Gesù Barabba per salvarsi dalla pena capitale ha ricordato a Pilato di essere egli stesso un romano e che in quanto tale non poteva essere uno di quelli che lottavano contro il popolo romano. La conoscenza dell’atteggiamento pragmatico tenuto da Gesù di fronte alla persecuzione ha spinto per secoli gli gnostici a rifiutare il martirio.
L’origine parzialmente straniera di Gesù - il padre Pantera era romano - tra l’altro spiega il carattere universale, cioè rivolto a tutte le genti del messaggio di Gesù.
Gli autori dei Vangeli Canonici, non avendo conosciuto Gesù al contrario dell’autore del Vg. di Tm., non potevano capire il significato del loghion 105 del Vangelo di Tomaso e tutte le sue implicazioni e si sono limitati ad ometterlo.

 

I riflessi sovrastrutturali dei cambiamenti nella base sociale della Chiesa primitiva

 

Lo stesso discorso vale per il loghion del Vangelo di Tomaso: "Beati i poveri perché di essi sarà il regno dei cieli". Questo loghion del Vangelo di Tomaso è uguale all’analogo loghion del Vangelo di Luca e come questo è parzialmente diverso rispetto al corrispondente loghion del Vangelo di Matteo che si presenta così: "Beati i poveri DI SPIRITO…". E’ evidente che la versione originale di questo loghion è quella riportata dal Vangelo di Tomaso e dal Vangelo di Luca e che la versione riportata dal Vangelo di Matteo è stata deformata ad arte con l’aggiunta della specificazione "DI SPIRITO" per non turbare l’animo delle persone RICCHE che a partire dalla fine del 1° secolo hanno cominciato ad entrare nella comunità cristiana. Ora, come il loghion precedente ci dice che il Vangelo di Tomaso è più antico del Vangelo di Luca, così questo loghion ci dice che il Vangelo di Tomaso ed il Vangelo di Luca sono più antichi del Vangelo di Matteo, anche se tutti e tre i vangeli attingono dalla stessa "fonte Q".

  

Bibliografia essenziale

 

David Donnini, Cristo, Ed. Erre Emme

Celso, Contro i cristiani, B. U. R.

Edmondo Lupieri, I Mandei, Paideia Editrice

L. Moraldi, I vangeli gnostici, Adelphi

 

 

Tratto dal sito

SOCIALISMO, GNOSTICISMO E LIBERTA' 

http://digilander.libero.it/maximusmagnus/

 

 

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