www.iltibetano.com

Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

LA TEOSOFIA

                                
Chi siamo Martinismo  Massoneria Teosofia  Scuola Arcana  Gnosi Rosacroce Messaggi Miscellanea

 

       

Vivere per il bene dell’umanità

Henriette van der Hecht

 

Se si risale nella storia si può constatare che il concetto di “umanità“ quale insieme di uomini che popolano la terra non è sempre esistito. Questa parola designava agli inizi una categoria di esseri viventi, semplicemente il genere umano.

I popoli del passato erano geograficamente isolati tra di loro e i limiti della terra e dei suoi abitanti non erano conosciuti.

Per molto tempo la terra è stata considerata un insieme di continenti, o anche come un solo continente, circondato dall’oceano, una distesa quasi orizzontale che andava fino all’infinito. Una certa popolazione umana poteva vivere su queste terre, in modo disperso e senza avere contatti. Non si enumeravano né le terre né gli uomini.

C’erano alcune comunicazioni terrestri o soprattutto marittime, qualche scambio commerciale, ma i popoli vivevano culturalmente isolati: ciascuno aveva la sua lingua, la sua religione, la sua organizzazione sociale e politica. Gli uomini di altre razze, ovvero quelli di cultura meno sviluppata, erano considerati a malapena come esseri umani: erano piuttosto animali strani, barbari, selvaggi, buoni giusto per essere sottomessi e servire. Così erano considerati i prigionieri delle guerre e delle conquiste di tutti i tempi. Il concetto dell’uomo con la sua dignità di essere libero non esisteva, né esistevano le nozioni di uguaglianza e di fratellanza umana. E quanti popoli ancor oggi non riconoscono questi attributi alle donne! (Notiamo, tra parentesi, che la Teosofia li estende anche agli animali!).

I popoli più civilizzati, grazie alle loro nozioni di astronomia, hanno potuto affermare che la terra è rotonda, è una sfera. Questi, se non fossero stati dominati da particolarismi, dalla convinzione di essere gli eletti di una divinità che pensavano essere i soli a conoscere, se fossero stati capaci di considerare come loro simili i popoli di cultura diversa o anche inferiore alla loro, sarebbero potuti arrivare all’idea di una sola umanità, una sola collettività di esseri umani, figli e figlie di uno stesso soffio di vita universale e della terra, madre di noi tutti.

È questa l’idea dei più grandi saggi dell’oriente, di ieri e di oggi, uomini le cui conoscenze includono tutta la vita del pianeta.

Oggi, grazie ai progressi della scienza e della tecnica, tutti i popoli della terra sono economicamente collegati e interdipendenti e gli scambi in tutti i settori avvengono su scala planetaria. Non si può più ignorare che tutti i popoli sono solidali. Anche l’unità biologica e psicologica dell’umanità è manifesta. Il bene – emigrazione – degli uni dipende in modo evidente dal bene degli altri e i malesseri degli uni si ripercuotono sulla vita degli altri. Una lingua comune, l’inglese, ci collega efficacemente. Siamo una sola umanità interdipendente materialmente, emotivamente, intellettualmente e anche spiritualmente. Questa è la visione moderna dell’umanità globale, visione che coincide con quella dei saggi.

Mancando di una tale visione globale le religioni del passato non si sono rivolte all’umanità nel suo insieme. Le divisioni del genere umano hanno trovato un riflesso nella loro assenza di universalità.

Così il Giudaismo è la religione di un popolo eletto dal suo Dio. Ma in seno all’umanità globale di oggi per che cosa è eletto questo popolo?

Il Cristianesimo riconosce un solo Padre dell’umanità intera, ma nega che questo Padre possa riconoscere come suoi figli tutti quelli che non credono in Gesù quale sua unica incarnazione.

L’Islam vede le porte del Paradiso di Allah aprirsi solo a chi segue Maometto.

L’Induismo è un ordine sociale che conferisce doveri e diritti alle varie classi o caste della popolazione ariana dell’India. Del resto degli uomini non si occupa.

Tuttavia le filosofie illuminate dell’India antica vedono in tutti gli esseri umani, come pure in tutto ciò che vive, il Sé Supremo universale. Esse affermano la possibilità che ha ogni anima di giungere alla sua liberazione dalle miserie del ciclo continuo delle reincarnazioni attraverso la presa di coscienza della sua unità con il Sé universale, mediante le vie dello yoga. L’identità cosciente con il Sé supremo si realizza attraverso l’azione altruista, o Karma yoga, oppure attraverso l’amore e la devozione, o tramite l’acquisizione della conoscenza penetrante o Kriya yoga, o con il controllo perfetto di tutta la natura umana, ovvero Raya yoga.

Il Buddismo, direttamente legato a queste filosofie, indica ad ogni uomo e a ogni donna il nobile sentiero che conduce alla fine delle sofferenze e contemporaneamente alla fine delle reincarnazioni attraverso la pratica della virtù, di una vita giusta e saggia coronata da una meditazione che entra nel cuore delle cose e del nostro essere, che estingue l’illusione dell’”Io” separato. Il Buddha predicava una compassione universale in cui le anime che vanno verso la luce, abbandonando ogni egoismo, si volgono verso tutte le altre anime sofferenti per mostrare loro il cammino.

Anche Gesù, lungi dall’escludere quelli che non credono in lui, da ciò che San Paolo chiama “la Chiesa di Cristo” o “il Corpo di Cristo”, insieme di anime promesse alla vita celeste, insegna che sono l’amore del prossimo e la sollecitudine nei suoi confronti e il soccorso dato alle sue sofferenze che portano l’uomo a Dio e alla felicità nel Regno dei Cieli.

Abbiamo dunque da una parte le tre religioni dette monoteiste, che promettono la salvezza solo ad una parte dell’umanità e dall’altra le filosofie dell’India, in particolare il Buddismo che indicano, come del resto anche Gesù, una via della salvezza aperta ad ogni uomo. Ma non evocano il concetto dell’umanità globale.

È invece il grande saggio buddista Âryasanga (che con Nagarjuna e Âryadeva fu chiamato uno dei tre Soli del buddismo – VII secolo) che nei suoi “Precetti d’Oro” di cui un frammento è intitolato “I due Sentieri”, proclama: “Vivere per il bene dell’umanità è il primo passo”, cioè il primo passo sul sentiero della spiritualità. E continua: “Praticare le sei virtù gloriose ne è il secondo”.

All’inizio c’è dunque l’intenzione altruista. Viene poi il mezzo per la realizzazione: l’insieme delle grandi virtù che possono fare dell’uomo un benefattore dell’umanità. Esse sono:

-                                      la carità dell’immortale amore;

-                                      l’armonia nelle parole e negli atti;

-                                      la pace, la pazienza che niente può smuovere;

-                                      il distacco, l’indifferenza al piacere e al dolore;

-                                      l’energia indomabile che ci traccia una via verso la verità soprannaturale, al di fuori del fango delle menzogne terrestri;

-                                      e infine la contemplazione incessante dell’eterno Sat, Essere Supremo.

 

Quando parla dell’umanità per il bene della quale l’uomo dovrebbe vivere, la visione di Âryasanga è chiaramente quella dei grandi Saggi dell’Oriente, di quelli che al di là del mondo fisico vedono i mondi invisibili agli occhi della carne, noti all’Occultista. Questa visione abbraccia la totalità delle anime, non solo dei viventi, ma anche di tutti quelli che, nella felicità della vita celeste, aspettano il loro ritorno periodico sulla terra, la prossima delle reincarnazioni che li condurrà progressivamente verso la perfezione assieme a tutta l’umanità.

Questa è anche la visione teosofica dell’umanità, una visione propria alla saggezza degli Dei, che la Teosofia moderna ha portato al mondo dei tempi nostri e ha spiegato in dettaglio. Ecco ciò che ci dicono i Mahatma, istruttori spirituali della signora Blavatsky e dei suoi collaboratori e successori, ecco quello che affermano le opere di quest’ultimi: “Un totale di 60 miliardi d’anime si muovono e progrediscono sul nostro pianeta fino a raggiungere la loro perfezione finale. Perfezione di tutte le facoltà: d’intelligenza, di volontà, d’amore, insieme al completo controllo di tutti i poteri psichici e spirituali e la coscienza della propria identità con il Sé dell’Universo”.

L’insieme delle anime costituirà così un’umanità perfetta in un’epoca che coinciderà con la fine della vita del nostro pianeta. La perfezione raggiunta simultaneamente dall’umanità e da tutta la natura sarà il coronamento di questa vita planetaria prima della disintegrazione del nostro globo, seguita dalla formazione di una nuova terra. Un certo numero di anime, troppo lente nel loro progresso, terminerà la propria evoluzione nell’umanità di questo nuovo globo, di cui esse costituiranno l’avanguardia.

Ogni anima possiede potenzialmente delle virtù uniche che la distinguono da tutte le altre e che le assegnano un posto e una missione unici sul grande piano divino dell’evoluzione dell’umanità.

La nostra umanità sarà impoverita di ogni anima che non potrà partecipare alla gloria finale e aggiungere la sua melodia alla grande sinfonia. Ora, il progresso di ognuna è disseminato di incertezze, di fattori di ritardo e noi siamo tutti interdipendenti e solidali nel progresso comune e in quello di ciascuno. Abbiamo bisogno dell’incoraggiamento e dell’aiuto reciproco. Comprendendo bene l’unità dell’umanità nel suo cammino verso la perfezione, dobbiamo operare senza sosta per elevare il livello generale della coscienza, coltivando in noi tutto ciò che è bello e buono e che ci permette di essere di più grande aiuto allo sviluppo di quelli con cui siamo in contatto da vicino o da lontano. Viste le influenze reciproche, dirette o indirette, ciascuno di noi porta una gran parte di responsabilità sia nel successo che nell’insuccesso del progresso delle altre anime.

L’umanità è una grande famiglia, una famiglia di anime tra le quali, come in tutte le grandi famiglie, ci sono dei fratelli grandi e dei fratelli piccoli o, se volete, delle sorelle grandi e delle sorelle più piccole. I più giovani progrediscono con l’aiuto e l’esempio dei loro fratelli più grandi. Le anime sono distribuite dalle grandi intelligenze cosmiche che presiedono al loro destino, in modo tale che la nascita le situa a seconda del loro carattere e delle loro capacità, nel posto più favorevole al progresso generale.

 

Vivere per sé, per il proprio piacere e benessere, significa consacrare tutta la propria energia, che è grande nell’essere umano, alla volontà di apportare piacere fisico, emozionale e intellettuale, a quell’infima parte dell’universo che è la nostra persona. Significa voler attirare tutto verso di sé, succubi degli allettamenti esterni.

Per utilizzare un confronto tratto dall’astronomia, significa essere come un buco nero che assorbe tutta l’energia e la concentra in sé mentre le stelle che brillano nel cielo non smettono di dare se stesse.

Se noi diamo gratuitamente, anche poco, emettiamo della luce, siamo come una stella che illumina la notte. Ci sono stelle di grandezza diversa, con luminosità diverse ivi comprese le più deboli.

Se diamo molto – e questo può avvenire nella misura in cui abbiamo realizzato, anche inconsciamente, la nostra unità con la fonte universale della vita – siamo, in miniatura, come il sole che con l’energia che emette dona la vita a miliardi di esseri.

Evochiamo qui le belle parole di Âryasanga tratte dal racconto “I due Sentieri”: “Se non puoi essere sole, sii l’umile pianeta. Sì, se non puoi risplendere come il sole di mezzogiorno sulla montagna coperta di neve dell’eterna purezza, scegli, o neofita, una più umile carriera”. “Indica la via – anche se indistintamente e perduto nella folla, come la stella della sera, a quelli che camminano nell’oscurità”. “Illumina e conforta il pellegrino in pena e cerca colui che sa ancor meno di te, che si siede abbattuto dalla desolazione, affamato del pane della saggezza, come di quello che nutre il corpo e fagli sentire la Legge”.

Si tratta della Legge che vuole che gli esseri umani evolvano prodigandosi per il bene degli altri.

 

È assurdo vivere per se stessi.

Non siamo che un punto minuscolo, meno che microscopico, nello spazio dell’universo o anche della terra.

Come dice Taimni nel suo libro: “Self-Culture”, un turacciolo sballottato sulle onde dell’oceano, una formica da qualche parte sulla parete di una montagna, sono più cospicui sull’oceano o sulla montagna di un uomo sulla superficie del pianeta.

E la durata della nostra vita è infima in seno alla durata dell’universo, o anche della terra, o semplicemente dell’umanità che non è comparsa che negli ultimi secondi del giorno totale d’esistenza della terra.

Agire per il nostro piacere personale non ci porta che qualcosa per qualche breve istante: quanto sono fuggitive le nostre sensazioni, emozioni, percezioni intellettuali o stati d’animo e quanto dura poco quello che possediamo, persino il nostro corpo o l’integrità della nostra salute. Come in un battere di ciglio non resterà di noi che un po’ di polvere. Invece il bene che facciamo agli altri, la gioia che diamo loro, passano da uno all’altro nell’umanità, sulla superficie della terra e nelle generazioni, attraverso innumerevoli relais umani; è un dono fatto per sempre all’insieme delle anime, a questo essere collettivo che è l’umanità.

E l’anima collettiva dell’umanità è abitata da un solo Spirito, lo Spirito Unico, coscienza dell’Universo. È per far sbocciare e sviluppare appieno la manifestazione di questo Spirito, per la sua realizzazione nel mondo, che bisogna vivere, perché Lui è eterno. È il nostro vero essere, la nostra stessa coscienza.

L’esperienza quotidiana ci insegna che vivere per sé non rende felici. Significa rinchiudersi in una piccola cella oscura di cui si è prigionieri. Al contrario invece l’altruismo porta il nostro essere all’espansione. Rendendo gli altri felici, anche se solo brevemente, ci si sente felici. La felicità è nella sua essenza stessa una cosa condivisa: è impossibile gioire soli. Essendone coscienti la maggior parte degli esseri umani, pur vivendo soprattutto per se stessi (dominati dall’illusione della separatezza e dell’identificazione esclusiva con la propria persona), vive in parte anche per la famiglia, cercando di contribuire alla felicità e al benessere materiale, affettivo e mentale di coloro che dipendono direttamente da essi.

Altri, più generosi, si preoccupano della felicità di tutti quelli con cui entrano in contatto e sentono il piacere che procurano riversarsi su di loro.

Ma l’uomo veramente altruista vive coscientemente per il benessere dell’umanità con un unico obiettivo: il bene di tutti gli esseri; in pratica, per il bene di tutti quelli su cui la sua azione può esercitare un’influenza diretta o indiretta, propagandosi da una persona all’altra successivamente. È l’uomo la cui coscienza si è ampliata fino a percepire la sua unità con gli altri. Egli aggiunge all’azione fisica e materiale, l’azione delle sue emozioni, dei suoi pensieri e della sua energia spirituale irraggiante. Può anche non fare nulla fisicamente ma con le vibrazioni benefiche dei suoi pensieri e sentimenti d’amore, della sua compassione e del suo coraggio, della pace e della gioia che emana, può trasformare altre anime vicine e lontane in grado di rispondere a quelle vibrazioni. Può lanciare nello spazio delle idee fatte di bellezza e di verità che saranno captate da altri spiriti.

E tutti quelli che noi aiutiamo ad elevarsi spiritualmente, che grazie a noi diventano più splendenti e pieni di armonia, eleveranno a loro volta l’anima di coloro su cui hanno una influenza. Così l’umanità si trasforma tra vicini ma anche tra esseri distanti.

Vivere per il bene dell’umanità significa scegliere deliberatamente l’attività che andrà a beneficio del più gran numero d’esseri viventi. È un’azione precisa che dipende dalle capacità che abbiamo saputo sviluppare. È rinforzata dalla nostra energia spirituale, cioè dal nostro senso d’unità con tutto ciò che vive e con la fonte stessa della vita, la fonte universale di ogni esistenza che, sola, merita d’essere chiamata Dio.

Nell’anima umana esistono altre motivazioni altruiste, reali o solo apparenti.

Il servizio di Dio che uno proclama può essere solo un egocentrismo nascosto, un’ambizione alla santità che è estranea alla vera santità ma può essere anche la volontà piena d’amore di agire per il bene di tutte le creature, al servizio del Supremo esistente in tutti gli esseri.

L’uomo che mette la sua vita al servizio della bellezza o della verità, se è sincero e disinteressato nella sua azione, raggiunge il piano di coscienza in cui regna l’unità del Divino, piano buddico o cristico e la sua energia emanata sui piani visibili e invisibili eleva l’umanità.

Tutto ciò che è proprio delle grandi civiltà è dovuto a quello che gli esseri umani hanno creato per rendere l’esistenza degli altri più bella, più armoniosa, più felice. I geni dell’umanità sono coloro che hanno avuto più successo in questo sforzo. Furono le anime più grandi per le loro qualità d’amore, d’intelligenza e di volontà, anime arrivate molto in là sulla via dell’evoluzione umana verso la perfezione.

Vivere per il bene dell’umanità, per gli altri e non per se stessi, è il primo passo sulla via del pieno sviluppo dello spirito. Dimenticando la nostra propria persona siamo consciamente uniti allo Spirito che ci anima che è il Divino stesso. Questo conduce alla conoscenza vissuta dell’Essere essenziale. È così che Dio, manifestato prima molto imperfettamente nell’anima umana, la illumina sempre più appieno.

La vera spiritualità è la vita nell’unità, nella coscienza dell’unità di tutto ciò che esiste e di se stessi con il tutto, nell’unità dello Spirito unico, uno e indivisibile, che anima tutto ciò che vive, che è la vita stessa e la luce del mondo.

È solo vivendo per gli altri che si può dimenticare se stessi e l’illusione dell’”Io” separato può dissolversi. È nel dono di sé che l’anima spiega tutte le sue energie, tutti i suoi poteri latenti. Capacità di sé che non si conoscevano si rivelano. Le forze si moltiplicano, la perseveranza, la tenacia aumentano, grazie ad un’intensità di motivazione che va al di là di quella che si metterebbe in moto per sé e che appartiene all’amore. L’amore e la bontà danno ali, in una gioia assente dalle azioni egocentriche.

Per poter meglio aiutare gli altri si scopre la necessità di sviluppare tutte le virtù del cuore, della volontà e dell’intelligenza, in particolare le sei virtù gloriose proclamate da Âryasanga. Se si considera l’esistenza di un Sentiero di Santità, di cui parlano tutte le grandi religioni e che la Teosofia descrive in dettaglio, si scopre che seguirlo è il mezzo migliore per sviluppare la capacità di aiutare l’umanità a progredire, le anime a svilupparsi pienamente e gli esseri umani ad alleggerire le proprie sofferenze. Gli aspiranti percorrono il Sentiero sotto la guida dei grandi Maestri di Saggezza e di Compassione che, dai mondi invisibili dove regnano la Saggezza e l’Amore, ispirano l’umanità nel suo cammino ascendente.

Sapendo questo ci si sforzerà di riunire le qualifiche, le virtù che permettono di essere accettati come loro discepoli e poi quelle che aprono all’anima le porte dei grandi risvegli verso nuovi piani di coscienza. Questi risvegli successivi sono quelli che la Teosofia chiama le cinque grandi Iniziazioni: ciascuna apre nuovi poteri dell’anima che le conferiscono un più grande controllo su se stessa e sul mondo, moltiplicando le sue possibilità di aiutare l’umanità.

È dunque sviluppando sistematicamente tutte le virtù che potremo contribuire nel modo migliore alla felicità di tutti e al progresso morale dell’umanità. il nostro fratello I.K. Taimni nel suo libro “Self Culture” ci indica ammirevolmente la via da seguire.

 

Il regalo più grande che ognuno di noi può fare all’umanità è di farle scoprire, con amore e rispetto, l’unità di tutti gli esseri: l’unità di tutte le anime nel Sé universale e attraverso di esso, l’unità di tutto quello che vive comprendendo la natura intera. Come fare? Con la parola e l’esempio bisogna insegnare un atteggiamento pieno di affettuosa sollecitudine in tutti i contatti quotidiani, nel servizio di chi soffre; bisogna diffondere il senso totale dell’unità dell’umanità, il senso della responsabilità globale di ciascuno: una responsabilità che si estende al mondo intero. Bisogna risvegliare in tutti gli uomini la volontà di far sì che le loro nazioni contribuiscano con tutti i propri mezzi, ma onestamente, alla felicità dei popoli svantaggiati dalla terra. Bisogna che in ogni nazione tutti uniscano le loro forze per offrire ad ogni uomo, ad ogni donna e ad ogni bambino un massimo di possibilità di apertura e pieno sviluppo su tutti i piani. È così che la totalità della grande anima dell’umanità potrà progredire.

L’ideale dell’altruismo e non l’obiettivo del profitto personale, dev’essere la nota dominante nell’educazione del bambino e dell’adolescente. La compassione deve tradursi in aiuto reciproco totale, materiale e morale, prodigato senza risparmio di pene o di sforzi. Il motto comune dev’essere: “Uno per tutti e tutti per uno” attraverso tutti gli aspetti e tutti i momenti della nostra vita.

E naturalmente in tutto questo l’insegnamento della Teosofia deve avere un grande ruolo, il più grande. Ricordiamo le parole di Âryasanga: “Illumina colui che si siede abbattuto dalla desolazione, affamato del pane della saggezza come di quello che nutre l’ombra” (Cioè il corpo, ombra effimera della nostra anima di luce).

Si tratta di mostrare agli uomini tutto il senso della loro vita:

-                                      che la vita di ciascuno è una manifestazione ancora molto imperfetta del Divino al cuore del nostra essere e che questa manifestazione deve risplendere sempre di più in ogni vita successiva.

-                                      Che la vita è una e che l’umanità è una, animata da una sola coscienza, lo spirito unico dell’universo, presente in tutti gli esseri della natura come pure in ciascuno di noi, tutti dipendenti gli uni dagli altri per il proprio sviluppo.

-                                      Che siamo tutti responsabili non solo del nostro proprio progresso ma anche del progresso di tutti gli altri.

-                                      Che una legge infallibile di giustizia immanente regge il mondo e che nelle sue vite successive ciascuno raccoglie i frutti della gioia o del dolore che ha causato agli altri ma che il Sé supremo ci offre sempre nuove occasioni per progredire.

-                                      Che siamo tutti destinati alla perfezione, quella perfezione che attende l’umanità intera e tutta la vita del pianeta.

-                                      Che tutti i poteri dell’intelligenza, del cuore e della volontà e tutti i poteri spirituali sono latenti in ciascuno di noi e si sviluppano soprattutto se si fa dono di sé per il bene degli altri.

-                                      Che ogni momento della vita di ogni essere umano, dalla nascita alla morte, deve servire a sviluppare tutte le facoltà nel corso delle successive incarnazioni: che in questo contesto ogni momento è prezioso, fino al nostro ultimo respiro.

-                                      Che il nostro compito comune è di elevare costantemente il livello di coscienza dell’umanità tutta intera verso la perfezione.

-                                      E che i nostri Fratelli più Anziani, i Maestri di Saggezza e di Compassione, grandi Anime che hanno già raggiunto la perfezione umana e si sono dedicate completamente al Servizio dell’Umanità, sono pronte ad istruirci su come anche noi possiamo servire nel modo migliore, appena ne avremo espresso la ferma determinazione e saremo cresciuti abbastanza in virtù.

 Henriette van der Hecht

 

Henriette van der Hecht è il Segretario Generale della Sezione Teosofica belga.

Relazione tenuta in occasione della Scuola Estiva dei Paesi Latini, che ha avuto luogo a Naarden, Olanda, dall’11 al 18 agosto 2003 sul tema: “Vivere per beneficare l’umanità”.

          

 tratto dal sito ufficiale della Società teosofica Italiana:

www.teosofica.org